di Dario Moricone
Tra cene e pranzi, le feste di Natale ci hanno lasciato non solo con una forma fisica da recuperare, ma anche con 500mila tonnellate di derrate alimentari che sono finite nella pattumiera. Il dato lo aveva anticipato la Confederazione italiana agricoltori dichiarando che quasi il 25% della spesa media che le famiglie italiane avrebbero messo nel carrello per celebrare le festività sarebbe finito inutilizzato.
Uno spreco che è segno dei tempi, ma che il pianeta Terra forse non ha più la capacità di sopportare. “Durante le feste gli acquisti aumentano e di conseguenza lo sperpero di risorse non è una sorpresa”. A dirlo è Andrea Segré, professore ordinario di Politica agraria internazionale e preside della Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna, ma soprattutto l’ideatore del progetto Last minute market (Lmm), “un’idea semplice per ridurre al minimo gli sprechi ed evitare che cibi, principalmente, ma anche cose ancora utili, finiscano prima del tempo nel cassonetto”. Nato come progetto di ricerca, Last Minute Market (Lmm) si è sempre occupato di analizzare tutti i passaggi delle filiere agroalimentari e individuare dove e perché si originano gli sprechi. Dopo alcuni anni di studi e ricerche universitarie, Lmm ha messo a punto nel 2000 il primo sistema professionale in Italia di riutilizzo di beni invenduti dalla Grande Distribuzione Organizzata. I modelli logistico-organizzativi adottati, permettono di recuperare in totale sicurezza tutte le tipologie di prodotto, inclusi quelli che rientrano nelle categorie dei “freschi” e “freschissimi”. Lmm infatti non gestisce direttamente i prodotti invenduti, non ha magazzini né mezzi propri per il ritiro, ma permette l’incontro diretto tra “domanda” e “offerta” e si occupa della scrupolosa messa in sicurezza di tutte le fasi del sistema.
Per il professore Segré la lotta agli sprechi parte da noi: “Quando si entra in un supermercato bisogna agire responsabilmente, non bisogna comprare più di quello che ci serve, non c’è alcuna necessità di correre dietro ai 3X2. L’approccio ai consumi deve essere intelligente, l’obiettivo deve essere la sufficienza. E’ risaputo che le risorse sono limitate quindi dobbiamo limitarci in modo intelligente abbassando la quantità, ma innalzando la qualità. Mangiamo troppo e male! Bisogna comprare meno, ma meglio e questo non può che essere positivo per la salute fisica e per l’ambiente che ci circonda”. Alla contestazione che questo potrebbe avere un impatto negativo sull’economia, il professor Segrè risponde convinto che “se riusciamo ad avere un consumatore ‘sufficiente’ le imprese si adatteranno. A un consumo diverso, una produzione diversa”.
Gli sprechi alimentari sono all’ordine del giorno, ma basterebbero piccoli accorgimenti, come ci spiega il professore. “In Italia sui cibi è presente una data di scadenza commerciale che non corrisponde alla reale data di scadenza di consumo. Per esempio noi scartiamo lo yogurt con scadenza a 48 ore e compriamo il vasetto in ultima fila, perché scade dopo due settimane, ma in realtà il prodotto è ancora buono e commestibile ben oltre la sua scadenza ufficiale. In Svizzera la doppia data è una realtà. Anche le vendite last minute al 50% sarebbero un utile incentivo contro gli sprechi, ma le aziende non hanno poi tutto questo interesse a farle”.
Il professor Segrè ha un sogno: “Una società sufficiente che consuma e produce diversamente e che non va in crisi, perché educa a limitare gli sprechi e a produrre meno rifiuti, perché non deve essere il carrello a spingerci, ma noi a portarlo dove vogliamo”.