Desiati: Perché i romanzi, dopo tanti saggi?
Asor Rosa: Non è stata una scelta di tipo professionistico. Io sono professore universitario e storico della letteratura. Il mio mestiere è un altro. Questo è un piacere. Il fatto che dal primo romanzo siano passati otto anni, questo significa che io scrivo quando mi viene un impulso interiore a scrivere narrativamente di certe persone e di un certo mondo. Ho voluto dare Storia a quello che non ha storia. E comunque la definizione data dall’editore non è per me la migliore. Io preferisco parlare di “racconti di memoria”.
Tobagi: Dalle primissime pagine, io ho sposato immediatamente Alessandro, la sua esuberanza, il suo essere distratto. E c’è una scansione temporale, da gennaio a dicembre, e questo dà il senso della circolarità, del ciclo. Tutto è descritto a cerchi concentrici, in modo cinematografico. Oltre alla vicenda personale, in questo libro, c’è anche, nella parabola di Alessandro in particolare, una caduta di speranze e un disfacimento di idee e valori e quindi è il prosieguo de “L’ultimo paradosso” (libro di riflessione politica e sociale scritto da Asor Rosa nel 1985, ndr)?
Asor Rosa: a questo punto forse è bene che io precisi che parlare di questo libro non mi è semplice, soprattutto in pubblico. Tuttavia, cerco di dare una risposta a questa lettura molto profonda di Benedetta. Giusta la relazione tra “L’ultimo paradosso”, in cui faccio l’apologia della memoria. E, apro una parentesi, devo dire che Benedetta e Mario sono qui perché entrambi hanno praticato il dono e la sofferenza della memoria. Io sono diventato a posteriori consapevole del fatto che questo libro avrebbe messo in primo piano la figura del padre. E me ne dispiaccio molto, perché questo significa che involontariamente ho provocato nei lettori il medesimo risultato di quello che accadeva nella vita concreta dei medesimi personaggi. In realtà, io li considero sul medesimo piano. Il nocciolo di tutta la faccenda è che a me interessava ricostruire i due. Certo, attraverso la storia di Assunta e Alessandro cerco di narrare anche la storia di tutti gli italiani, ma prima di tutto volevo ricostruire i due, nella loro avventura mondana. Se ci sono riuscito, ho pareggiato i conti, con l’una e con l’altro. Il libro si chiude con il referendum del 1946, il peggio della storia pubblica e privata finisce con quella data. Perché, ma le spiegazioni retrospettive sono sempre molto parziali, probabilmente questo intreccio, anche per loro, finisce lì. Da quel momento comincia la storia di una disillusione, che si trasforma in sconfitta. Fino a quel punto c’è un’ascesa, e il voto è per lui (Alessandro, ndr) la conclusione positiva, esaltante, della sua lotta. Poi inizia la decadenza italiana, e certamente la sua personale decadenza, fino al 1973, quando esce di scena completamente.
Asor Rosa: Da sempre si dice che gli italiani hanno una vocazione irreversibile a precipitare verso il basso, più profondamente possibile, fino a ritrovare, laggiù in fondo, una spinta per risalire. Ma vorrei anche ricordare la storia che racconto di mia madre che conserva una somma di danaro che conserva gelosamente per vent’anni, in una scatola, rifiutandosi a qualsiasi costo di spenderli, perché, era convinta, ci sarà un momento in cui saranno veramente necessari, salvo poi a scoprire che la svalutazione post-bellica li ha totalmente bruciati. Questo è un tentativo di descrivere un mondo totalmente, ora vi assicuro, inimmaginabile; un mondo di penuria, di risparmio, di sobrietà, e di silenzio.
Desiati: Domanda a “luci rosse”. La “politicità” dello scrittore, l’impegno, da cosa sono datI? Asor Rosa: Non c’è una posizione generalizzata. Quando sento dire che la strada maestra è quella segnata da Saviano e dal suo Gomorra, libro e autore che io considero di enorme interesse, credo che sia sbagliato. Ora le formule di riferimento sono molto differenziate. La politicità oggi consiste nell’autenticità della rappresentazione.
Dal libro di Asor Rosa (pag. 119): “La verità e la finzione, la realtà e la fantasia, a un certo punto, invece di contrapporsi, come uno più normalmente sarebbe portato a pensare, s’incontrano, s’intrecciano e si sostengono a vicenda, in Alessandro. Il figlio, man mano che cresce, lo ascolta con stupore, con divertita ammirazione”.