>>> La pittura di Cranach (foto)
di Federica Marino
Se il Rinascimento ha come cifra la nascita di un uomo nuovo, al centro del mondo e in grado di muovercisi a suo agio allora il tedesco Lucas Cranach il Vecchio è certamente un uomo rinascimentale.
E così ce lo presenta l’esposizione che apre il 15 ottobre alla Galleria Borghese, quinta delle Dieci Grandi Mostre in programma dal 2006 al 2015, dedicate a grandi autori del Cinque e Seicento.
Pittore di corte per oltre cinquant’anni, abile direttore di atelier, forse inviato diplomatico, ritrattista della Riforma protestante, trend setter ante litteram, Lucas Cranach raccoglie in sé molte e diverse competenze, proprio come richiede il modello umanistico, ma il suo Rinascimento si sviluppa quando in Italia è già tempo di Tiziano, e molto più a Nord. Storia e geografia, ma soprattutto contesto sociopolitico, danno forma alla sua abbondante produzione, che a sua volta detterà il gusto e le ideologie della borghesia dell’epoca.
Le quarantacinque tele e dieci xilografie che compongono la mostra, la prima dedicata a Cranach in Italia, seguono un percorso tematico che le distribuisce in sei sezioni e vuole mostrare la complessità dell’artista, massimo esponente con il contemporaneo Albrecht Dürer della nuova pittura tedesca cinquecentesca.
L’attività di corte di Cranach copre gli ultimi 50 anni della sua lunga vita. Da quando poco più che trentenne entra nel 1504 al servizio degli elettori di Sassonia, Cranach lega il proprio nome al loro, e - come richiede il suo ruolo – firma la propaganda per immagini che coincide all’epoca con l’arte di corte. Cicli pittorici nei castelli della dinastia, scene di battaglia e mitologiche per dare spessore eroico ai suoi datori di lavoro testimoniano la versatilità non solo artistica di Cranach: abile manager della sua bottega, che velocemente prende la forma di piccola impresa, l’artista coordina il suo personale in tutta la produzione: tele, ma anche scenografie per feste e tornei, come quando gli viene commissionato un matrimonio di stato che lo impegna con dieci collaboratori per sette settimane. E i ritratti: destinati a finire nelle case dei nobili e dei ricchi sassoni, diventano una produzione quasi in serie, viste le numerose copie necessarie per portare l’immagine del sovrano in tutti gli angoli del regno. Nella bottega i cavalletti sono in fila uno accanto all’altro e per la base dei ritratti si usano sagome di cartone, poi rifinite. Cranach, con la sua bottega, crea un nuovo modo di lavorare e un nuovo stile, che poi diffonde. A corte, in Sassonia, in Europa.
Questo è evidente se, superate le due prime sezioni, ci si sofferma su quella dedicate al “Potere delle donne”. Lo scontro fra generi, nello stile “gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere” è faccenda antica nella cultura occidentale: Sansone e Dalila, Paride e il giudizio sulla dea più bella, ovviamente Adamo ed Eva. Portatrice congenita di inganno dall’Eden in poi, la donna che trionfa sull’uomo spicca, in una società che resta saldamente patriarcale, come “bizzarria” ed esempio negativo e come tale viene raffigurata nelle arti decorative europee quattro e cinquecentesche. Cranach è il primo a dipingere queste disfide tra i sessi, togliendole di peso da piatti, stampe, mobili e formelle. Repliche delle sue opere appaiono prima nei castelli e poi nelle case borghesi e benestanti: Cranach inaugura il genere, allarga il mercato e lo asseconda, anche quando raffigura fanciulle sensuali e discinte, piccole Lolite dai vaghi accenti biblici o mitologici alla conquista dei solidi benpensanti tedeschi.
L’aspetto forse più noto della produzione di Cranach è quello legato all’iconografia della riforma protestante: l’artista conosce e diviene amico di Lutero, tanto da fargli da testimone quando sposa la monaca Katharina von Bora. Al di là del rapporto personale, si tratta di una posizione politica, per un personaggio pubblico qual è Cranach. Dipingere una cosa, una persona, significa darle patente di esistenza e se a farlo è il pittore di corte, c’è anche il sigillo del potere. Diversi sono i ritratti di Lutero realizzati da Cranach, che - senza rinunciare ai lavori commissionati per le chiese cattoliche - elabora anche nuovi modi stilistici di rappresentare il sacro, con figure in primo piano e sfondi scuri e ridotti al minimo, per fare risaltare la “sola fede” prescritta dalla dottrina luterana in contrapposizione alla vanità delle opere terrene. Cartigli e didascalie servono a chiarire il messaggio dell’immagine, a scanso di equivoci e interpretazioni.
Cranach disegna anche le xilografie per il primo libretto di polemica riformista, il Passional Christi und Antichrist: una chiara presa di posizione ideologica, che getta anche luce su un aspetto artistico illustrato nell’ultima sezione della mostra romana, quello della sua attività di incisore.
Mentre i contemporanei dell’Europa meridionale prediligono la produzione pittorica, i colleghi del Nord proseguono in parallelo con l’attività di incisori di stampe. Cranach non fa eccezione e anzi avvia e poi gestisce una casa editrice, seguendo i processi di produzione e stampa direttamente allʹinterno del suo laboratorio. La progettazione e pubblicazione di frontespizi, illustrazioni e ritratti non è più un’attività individuale ma diventa una produzione industriale. Così, mentre al Sud prende corpo l’artista singolo, che con tela e pennello esprime la propria unicità di individuo, nei laboratori del Nord si lavora in gruppo, e si contribuisce allo sviluppo di una nuova mentalità anche artistica: al talento si somma la tecnica, l’artista si riscopre artigiano e diventa industriale.
Cranach
L’altro Rinascimento
Galleria Borghese, Roma
Dal 15 ottobre 2010 al 13 febbraio 2011