Trenta aree forestali in italia per misurare la febbre da carbonio. Sono i 'punti verdi' usati per studiare l'impatto dei cambiamenti climatici sulle foreste italiane, tra cui saranno individuati alcuni 'super-siti' dove, all'attivita' di monitoraggio, si aggiungera' quella di ricerca scientifica. E' l'obiettivo indicato per l'Italia nel progetto dell'istituto per la protezione delle piante del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
"Il nostro obiettivo e' creare un fronte unico tra le tre principali aree di ricerca - suolo, atmosfera e piante - per ottenere una visione complessiva dell'impatto dell'inquinamento atmosferico sull'ecosistema forestale" sottolinea Elena Paoletti, responsabile del progetto.
Le trenta aree italiane, gestite dal corpo forestale, sono state finora oggetto di una fase approfondita del monitoraggio degli inquinanti (principalmente azoto, carbonio, ozono), detta 'livello II' (maggiore quantita' di sonde nel terreno, misurazione dettagliata degli alberi ecc.) rispetto a una meno specifica detta di 'livello I', che attualmente interessa 1500 punti del territorio nazionale selezionati da una gamma iniziale di 300mila aree. "Tra i trenta siti di livello II - continua Paoletti - saranno scelti come 'super-siti' quelli meglio attrezzati per l'attivita' di ricerca e monitoraggio".
Tra quelli del nord Italia, si contano: Val Masino (Lombardia), Brasimone e Carrega (Emilia Romagna); Cala Violina e Colognole (Toscana). Al centro, Collelongo (Abruzzo), Monte Rufeno (Lazio), Roti (Marche); al sud, Piano Limina (Calabria). Tra i risultati finora raggiunti, l'individuazione di ecosistemi forestali piu' resistenti rispetto ad altri ad un certo tipo di inquinamento. "Le piante tipicamente mediterranee, come le sclerofille, sono piu' tolleranti all'ozono", conclude la Paoletti.