di Sandro Calice
PANICO AL VILLAGGIO
di Stephane Aubier e Vincent Patar. Belgio, Francia e Lussemburgo 2009 (Nomad Film)
Animazione.
“Panico al villaggio”, vincitore del Future Film Festival 2010 e uno dei pochi film di animazione mai entrato a far parte della selezione ufficiale a Cannes, è un divertente tuffo nell’infanzia, salutare per adulti e bambini, perché fa ricordare e vedere quanto nel gioco sia più importante la fantasia di qualunque altra cosa.
Cowboy e Indiano vogliono fare una sorpresa a Cavallo per il suo compleanno. Ma essendo irrimediabilmente maldestri, ordinano 50 milioni di mattoni per costruirgli un barbecue e finisce che gli distruggono casa. Cominciano una serie di disavventure che coinvolgeranno il placido villaggio e i suoi abitanti e che porteranno i tre a viaggiare nel centro della Terra, in un deserto ghiacciato, sul fondo del mare, incontrando scienziati pazzi, creature marine e buffi animali. Il tutto mentre Cavallo cerca disperatamente e inutilmente di rispettare l’appuntamento con la “ragazza” dei suoi sogni.
Tratto dall’omonima serie animata, “Panico al villaggio” è un divertente e magistrale esempio di stop motion, con protagonisti di plastilina simili ai vecchi soldatini che sembrano sempre in preda a isteria, che si muovono a scatti “come se respirassero anfetamine e gas esilarante”, per dirla con gli autori. La forza del film sta nell’essere credibile e godibile, come si dice in questi casi, da grandi e piccini. Ci sono i classici soldatini incollati sul piedistallo verde e si chiamano col nome generico (Cavallo, ma anche Contadino, Poliziotto ecc…) come farebbe un bambino. Ma le storie che vivono sono adulte. Un film surreale, eccessivo, nevrotico: ci sorprenderà vedere cosa sono capaci di fare quei pupazzetti con cui giocavamo da bambini. Anche se, nella nostra fantasia, l’abbiamo sempre saputo.