Germania, ville e castelli


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Viaggiare per Riesling

Nel Rheingau, mitica regione di grandi vini g

Ci sono viaggi che ci danno l’emozione della scoperta e la sensazione di essere tra i primi o tra i pochi a esserci accorti delle bellezze dei luoghi e del valore dei giacimenti enogastronomici che contengono. Ce ne sono altri, invece, che riguardano luoghi dei quali si sa già tanto, magari perché si sta tornando sui propri passi per visitarli di nuovo o per “riassaggiare”. Si potrebbe pensare che solo la prima categoria possa regalare emozioni di prima classe, ricordi da pelle d’oca e immensi monte-ore da raccontare agli amici attorno a tante foto e a una grande bottiglia. Al contrario, le conferme a volte riescono a soddisfare l’animo forse più delle novità.
È sicuramente il caso di chi ha un debole per la Germania del vino, di chi ama la meraviglia dei suoi Riesling e decide, periodicamente, di tornarvi per andare a scoprire angoli ancora poco noti e conoscere persone che hanno ancora molto da dire attraverso i loro vini. Merito di una grande storia, di un’elevatissima cultura di terroir e, soprattutto, di un vitigno semplicemente straordinario.
A viaggiare per Riesling affiora spesso la domanda se si tratti effettivamente di un vitigno superiore a tutti gli altri o meno. Ed è un bel dibattere, soprattutto di questi tempi, tempi di profondo riflusso verso l’eleganza e la bevibilità, dei bianchi in primis. Una cosa è certa, che il Riesling regala risultati in termini di classe e longevità con similitudini con il solo, grande Chardonnay.

Riesling e Chardonnay, grandi rivali
Un confronto a due, che vede da un lato i milioni e milioni di ettolitri del vitigno borgognone, che oltre alle sue profonde radici in Côte de Beaune vede propaggini in ogni angolo del globo terrestre dedicato al vino, e dall’altro una diffusione concentrata in zone molto più specifiche, da buona parte della Germania e dell’Austria, a enclave più limitate, come l’Alsazia, il nostro Alto Adige o la Clare Valley del South Australia.
Dualismo del quale in questo periodo si parla moltissimo, quasi al pari dello scontro Merlot e Pinot Noir tra i rossi. Se lo Chardonnay somiglia all’oro, con ricchezza, potenza, opulenza, duttilità, capacità di essere interpretato in mille modi pur rimanendo sempre immediatamente riconoscibile, il Riesling è il diamante, con le sue doti di purezza, eleganza, discrezione, forza interiore, pur senza perdere una personalità comunque fortissima e indiscutibile; impossibile da plasmare, gestibile solo da chi sa, da chi riesce a leggerne le facce e a raffinarlo con pochissimi colpi molto ben mirati ed a lungo studiati, possibili solo grazie ad una rara e profonda conoscenza della materia.
Tutto questo è il Riesling e tutto questo si può ritrovare nelle regioni elette della Germania del vino, che, dopo anni di quasi totale anonimato, cominciano a riscuotere consensi sempre più ampi anche alle nostre latitudini. Infatti, se fino a non molti anni fa a parlare di grandi vini tedeschi al di fuori di alcuni ristrettissimi cenacoli enoici si rischiava di essere derisi, oggi una delle aree e uno dei vitigni più di moda sono rispettivamente proprio la Germania e il Riesling. Simboli di un nuovo approccio al vino, più orientato all’eleganza e alla massima bevibilità che alle concentrazioni assolute. Da qui il gran parlare dei rossi di Borgogna e, appunto, della Germania, con Mosella e Reno in testa.

La vigna al centro di tutto
L’importanza del territorio, il peso della vigna e il massimo rispetto della sua identità sono aspetti che accomunano fortemente la cultura di queste zone così lontane. La vigna al centro di tutto, il cru (Lage in Germania), frutto di una classificazione che affonda le radici nel medioevo, con una suddivisione del territorio in particelle simili, estremamente omogenee al loro interno, identificate con un nome che viene direttamente riconosciuto tanto dal consumatore quanto dallo stesso Stato, che lo tutela con un’applicazione rigida ed estremamente controllata del catasto terreni. Queste le similitudini, mentre le differenze provengono da una parcellizzazione molto superiore in Borgogna e, soprattutto, da una classificazione molto più articolata dei cru, con gerarchie ufficiali. Nelle più importanti regioni tedesche, al contrario, la legislazione ha avuto un atteggiamento ondivago, non privilegiando sempre la distinzione dei singoli Lage. Infatti, anche se la tassazione fondiaria si basa sul valore specifico di ogni singola vigna, in un sistema che risale all’ottocento e che mette in fila i migliori cru regione per regione, la classificazione dei vini, dal 1971, ha preso tutt’altra strada; è stato privilegiato lo stile di vinificazione rispetto alla provenienza.
È il sistema dei QbA e dei QmP, basato tutto sulla presenza dello zucchero all’origine, e dell’ossessiva distinzione dei vini tra secchi, semi-secchi o dolci. Inoltre, le aggregazioni delle singole vigne in distretti più grandi (grosslagen e bereiche), per fortuna mai utilizzati dai grandi produttori delle migliori zone, ha portato ad una confusione ancora maggiore. Solo negli ultimi anni si sta tornando alla valorizzazione dei Lage oggettivamente superiori, grazie allo sforzo della centenaria associazione dei migliori produttori tedeschi, la VDP, che sta dando nuovo lustro alle vigne più importanti, anche al di fuori del complesso sistema dei QmP (da Kabinett a Trockenbeerenauslese). Si tratta di un sistema applicato ai soli vini secchi, che prevede i Grosses Gewächs (corrispondenti ad una sorta di Grand Cru), con nomi diversi per alcune regioni, ma tutti regolamentati da un disciplinare molto restrittivo, che ammette alla menzione solo pochissime vigne.

Rheingau, così vicina così diversa
Insomma, Germania sempre più sugli scudi. E così era inevitabile, dopo un lungo reportage dalla Mosel-Saar-Ruwer e dalla Nahe, rispettivamente la regione più blasonata e rappresentativa e l’outsider più interessante degli ultimi anni (per saperne di più guarda la rivista dell’Associazione italiana sommellire “Bibenda”, n.28), riprendere il discorso e andare ad approfondire la conoscenza di un’altra regione storica, la Rheingau, così geograficamente vicina alle prime due, eppure così diversa per moltissimi aspetti.
Per prima cosa, va detto che si tratta di un’area dalle dimensioni estremamente contenute, con un’estensione di vigna di poco superiore ai tremila ettari, cioè il 3% dell’intera superficie tedesca, tutti distribuiti attorno a dove il Reno incrocia il 50° parallelo nord, dunque ai limiti più elevati della coltivazione della vite nell’emisfero boreale. Qui il corso del fiume interrompe il suo andamento regolare che lo fa avanzare da sud a nord e compie una secca virata verso ovest, per una trentina di chilometri, lasciando alla sua sponda destra un lunghissima esposizione meridionale, quasi senza soluzioni di continuità. Condizioni, queste, che non potevano non piacere già ai Romani, grandissimi estimatori del Reno, che elessero alcuni di questi angoli a vigneti eletti, mai più smentiti dai posteri.
Le atmosfere sono decisamente diverse da quelle della Mosella. Non ci sono gli inclinatissimi pendii totalmente ricoperti di ardesia grigia, non ci sono le anse continue del fiume e non ci sono neanche le distese ininterrotte di vigneto che ne disegnano il corso. Da queste parti tutto è più ampio, maestoso, rilassato, proprio come le acque del fiume, apparentemente calme, quasi ferme, solcate in continuazione da affascinanti e silenziose chiatte che scivolano dalla Svizzera al Mare del Nord trasportando di tutto. La sponda nord è abitata da una fila di paesini, ovviamente belli e perfetti, che sono sempre circondati dai vigenti e sovrastati, più in alto ed all’interno rispetto al fiume, da austeri castelli, spesso anche sedi di importanti aziende del vino. La Rheingau, infatti, è la regione di grandi e storici produttori, la patria degli Schloss, dei castelli, con le loro cantine storiche, circondati dai vigneti, simbolo di un passato che ha sempre dato parecchia importanza al vino.
La viticoltura moderna risale al XII secolo, quando monaci provenienti dalla Borgogna fondarono il Kloster Eberbach, un monastero che fin dall’inizio ha messo al centro delle proprie attività produttive la vigna, divenendo ben presto una delle aziende più grandi ed importanti dell’intera Europa. Poi, secolarizzato nel periodo napoleonico, ha continuato nella propria specializzazione giungendo ad essere, ancor oggi, uno dei punti di riferimento della regione. Il suo vigneto più rappresentativo, lo Steimberg, è il Clos de Vougeot della situazione, con un bellissimo muro di cinta che ne delimita l’ampia estensione di alcuni ettari. Oggi quest’azienda, anche se non rappresenta più il top della qualità come in passato, resta un punto di riferimento della regione, ospitando ancora le aste annuali, i Ring, nei quali vengono messe in vendita le migliori e più costose bottiglie dei più importanti produttori, normalmente in edizione speciale e limitata (cioè con la Goldkapsel o con la Lange Goldkapsel).

Dei castelli e delle cantine
Durante la nostra visita era in corso uno storico trasloco nella nuova sede della cantina, lontana dal vecchio monastero, ma a ridosso dello Steimberg, con un’architettura moderna a testimoniare la dichiarata volontà di fondere il grande passato con il futuro. Altro riferimento assoluto è lo Schloss Johannisberg, castello del XII secolo, rifatto nel XVIII, conservando ed ampliando l’antica cantina, forse una delle più belle ed emozionanti al mondo. Domina tutta la Rheingau e ha dato il proprio nome tanto al vigneto di 35 ettari che lo circonda, raro esempio di vigna-monopolio, quanto alla stessa località che lo ospita. Seguono altri bellissimi castelli come lo Schloss Vollrads, austero e imponente, o lo Schloss Reinhartshausen, che si trova invece sulle sponde del Reno, circondato da vigneti e giardini. La Rheingau potrebbe sembrare proprio una succursale del Medoc, quanto a nobiltà dedicata al vino. Ma non è del tutto così. Di borghesi ce ne sono molti, la maggior parte dei quali già ben lontana dalla prima generazione, tutti impegnati in una continua rincorsa alla qualità assoluta ed alla migliore e più profonda interpretazione del terroir, in quella complessa tavolozza di colori costituita dalla riva del Reno tra il paesino di Rüdesheim a ovest e quello di Hochheim a est, quest’ultimo separato dal grosso della denominazione dalla città di Wiesbaden.
Proviamo, dunque, ad approfondire le particolarità del sistema Rheingau e le conseguenti caratteristiche che si ritrovano nei vini. Partiamo dai suoli, che qui sono molto diversi da quelli della Mosella, decisamente più vari. Troviamo ancora la presenza di ardesia blu o grigia, proprio nella parte più occidentale, non lontano dall’innesto del grande affluente; ma non è mai assoluta come a Bernkastel, bensì mista a vene di sabbia e limo. Poi, man mano che ci si sposta verso est, comincia a prendere piede il quarzo, spesso in compagnia di suoli sabbiosi, importanti vene di argilla e loess; fino a giungere alle vigne più occidentali, in cui sono presenti anche tantissimi fossili, a testimonianza della presenza di un grande mare preistorico circa 30 milioni di anni fa, mare che aveva la propria sponda proprio da queste parti. In così pochi chilometri la variabilità è impressionante, con i vigneti che esprimono diversità estremamente accentuate.
Quanto al clima, invece, vi è una certa omogeneità, date le distanze ridotte e la netta influenza del fiume, che fa da moderatore delle escursioni termiche ed al tempo stesso da garante delle costanti correnti d’aria. Poi c’è il protagonista più importante, il Riesling (Renano, ovviamente) che qui vede la massima concentrazione, con oltre l’80% della superficie vitata. L’allevamento è quasi sempre a filari, con un guyot singolo o doppio, senza l’esigenza di ricorrere a paletti individuali ed alle potature a cuore (einzelpfahlerziehung) come in Mosella. Addirittura, nei vigneti di minor qualità, magari quelli a ridosso del corso del fiume, si riesce perfino a ricorrere alla meccanizzazione di tutte le operazioni di vigna, raccolta inclusa. Ciò non vale, ovviamente, per le vigne migliori, dove tutto è rigorosamente a mano e dove le vendemmia, nel pieno rispetto del più classico degli approcci tedeschi, dura parecchie settimane, con ripetuti passaggi alla ricerca dei diversi stadi di maturazione delle uve. Lo stile dei vini che ne deriva è meno estremo di quello della Mosella, della Saar o della Ruwer, esempi di grande acidità, ma anche meno grasso di quello del vicino Palatinato, dove le temperature maggiori ed i suoli più sabbiosi si fanno sentire. Le acidità restano pronunciate, ma non sono mai esagerate. Il tenore alcolico si raggiunge anche più facilmente della Mosella, e la mineralità è più grassa, meno tagliente, più salina che di roccia. La vinificazione avviene quasi sempre in acciaio, in piccoli contenitori che assecondano le diversità delle singole vigne; la malolattica non è mai svolta e la maturazione, che non supera quasi mai l’anno, avviene sia in acciaio che in botti di legno da 1.200 litri, le tradizionali stückfass, spesso vecchie anche di parecchi decenni. La presenza di vini secchi è sempre più importante, soprattutto ai livelli alti della gamma, anche se poi spesso non si tratta formalmente di QmP, ma di semplici Qualitätswein. Il motivo è soprattutto commerciale, perché la famosa classificazione del 1971, basata sui gradi Oechsle, si preferisce lasciarla ai vini con residuo zuccherino, proprio per evitare le consuete confusioni che aggrediscono i consumatori stranieri.

La camera del “tesoro”
Nella Rheingau sono ormai sempre più rari i Kabinett o gli Spätlese trocken, mentre il top della qualità nei secchi è quasi da tutti affidato agli Erstes Gewächs (letteralmente Prima Crescita), come sono chiamati nella Rheingau gli Erstes Lage della Mosel-Saar-Ruwer e i Grosses Gewächs del resto della Germania. Questi sono ammessi solo in pochi Lage eletti, con un disciplinare molto restrittivo, nonostante si tratti formalmente di QbA e non dei più nobili QmP. Gli Erstes Gewächs hanno lo stile dei migliori vini austriaci secchi della Wachau, così longevi, potenti, eleganti, sapidi, di grandissima abbinabilità a tavola, perfino con piatti di notevole struttura.
Certo, non mancano vini dolci di assoluto livello, ma ormai sono fatti più per i mercati stranieri, Stati Uniti in testa, o per i Ring e la critica, che per il grosso del mercato tedesco ed europeo. Nelle annate più adatte, quelle in cui la botrytis riesce ad arrivare pura e progressiva, i BA (Beerenauslese) e TBA (Trockenbeerenauslese) rivaleggiano con quelli della Mosella e dei suoi affluenti, quanto a valore assoluto e longevità. Lo confermano gli assaggi di produttori illuminati come Künstler, un vero faro della regione, oppure Weil, eleganza pura, oppure ancora Breuer o Leitz, interpreti sopraffini di un terroir straordinario; ulteriori, importanti testimoni di come potenza ed eleganza possano essere facce di una stessa medaglia e possano convivere alla grande in un vino. Basti pensare che ogni produttore di peso, in fondo al corridoio più remoto della sua immancabile cantina sotterranea, ha sempre la sua “camera del tesoro”, un vano chiuso con un cancello in cui sono conservate le bottiglie più vecchie, spesso risalenti addirittura all’Ottocento. Servono a fare immagine, certo, a testimoniare il passato, ma non è raro che vengano aperte in occasioni speciali e mostrino ancora tutta la verve e la classe del Riesling.