Un libro sui romeni in Italia


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Se i media ci maltrattano

Intervista a Halina Harja, giornalista romena e coautrice del libro 'Romeni. La minoranza decisiva per l'Italia di domani' f

Perché ha sentito il bisogno di scrivere questo libro?
Ho notato un preconcetto nei confronti della comunità romena dovuto alla scarsa conoscenza del mio popolo. Io e il mio coautore, Guido Melis, abbiamo voluto eliminare tutti quei luoghi comuni che circolano sulla comunità romena in Italia e che li vogliono “delinquenti naturali”.

E’ un libro ricchissimo di dati, molto accurato, attentissimo a sostenere ogni ragionamento con una solida base fattuale e documentaria: “Un punto di Pil italiano (2,3 miliardi di euro) è frutto del lavoro dei romeni, “ Sono 23.473 i detenuti stranieri nelle carceri italiane, 2.921 sono romeni”. “All’inizio del 2009 sono circa 780.000 i romeni residenti in Italia”, e così via. Tanta accuratezza per far conoscere un popolo che però non è molto gradito agli italiani. Da un sondaggio recente di “Metropolis”, il giornale on line de “La Repubblica”, emerge che un terzo degli italiani non apprezza la presenza dei romeni sul territorio. Quella romena risulterebbe la terza comunità( dopo rom e albanesi) indesiderata.
Solo in complesso la comunità romena è vista in negativo. L’81% degli italiani che conoscono realmente un romeno hanno un’ottima opinione di lui . Il romeno che l’italiano medio conosce è quello buono, però la comunità nel suo complesso è tutta fatta da delinquenti. Questo è un mito negativo che non corrisponde al vero. Se rapportiamo il numero di romeni che si trova nelle carceri italiane ( poco più 3000 unità su una popolazione di 1 milione) tutta questa criminalità non è supportata dai fatti.

Che ruolo hanno i mezzi di comunicazione nella intolleranza degli italiani nei confronti degli stranieri e nell’equazione immigrato uguale criminale?
Hanno un ruolo importantissimo. La maggior parte degli italiani si informa attraverso la stampa e la Tv. Il fattore comunicativo incide sull’immagine che si ha di una certa comunità. C’è stato un periodo in cui qualsiasi piccola infrazione commessa da un romeno veniva esaltata al massimo dalla stampa italiana, spesso senza verificare i fatti. E’ successo per il rom Metovic, che era italiano di origine serba, ma per la stampa italiana è diventato romeno . Poche le testate che hanno dato seguito alla richiesta di rettifica.

Da un lato la scarsa conoscenza del popolo romeno, dall’altro la superficialità della stampa italiana che voi denunciate, che non fa inchieste sul campo, che non approfondisce.
Esatto. Nel libro ho citato l’esempio di una televisione locale che alla richiesta di un cittadino romeno di rettificare una notizia in cui il presunto delinquente era stato descritto a torto come romeno, la risposta è stata: “Ma se tutte le agenzie stampa hanno riportato che è romeno perché dobbiamo rettificare?”. Questo significa che nessuno era andato a verificare se la notizia era vera. Ci si limita a trascrivere le agenzie. Ma che stampa è. Nessun giornalista serio si muove in questo modo. E non lo dico solo io ma anche i miei colleghi corrispondenti romeni in Italia, che hanno seguito il fenomeno e hanno fatto raccolte intere di materiale di questo tipo.

Da noi molti pensano che romeno equivalga a rom.
Sono due culture completamente diverse. Non tutti i rom sono romeni e di certo i romeni non sono rom. Ci sono cittadini rom con passaporto romeno, ma anche con passaporto bulgaro, serbo, italiano. E’ una confusione forse anche legata alla similitudine dei due nomi rom e romania, ma è sbagliata. Tutto il rispetto per la cultura rom, ma è molto diversa dalla nostra.

Tutto è precipitato dopo l’omicidio di Giovanna Reggiani ( ottobre 2007). Sembra che la recrudescenza e l’astio nei confronti del popolo romeno, tocchi il suo culmine dopo quel triste fatto di cronaca. Da allora romeno è diventato per alcuni sinonimo di stupratore.
La politica, in assenza di idee vere, ha manipolato quei fatti di cronaca. Si sono lanciati in dichiarazioni al limite dell’istigazione ed è partito un provvedimento di emergenza laddove non c’era un’emergenza vera. Gli stupri non succedevano tutti i giorni. Ci sono stati delitti anche più efferati in Italia che non hanno portato però a decreti d’emergenza. Sull’onda dell’omicidio Reggiani si è fatto un decreto ad etnia, violando qualsiasi forma di garantismo previsto nel sistema legislativo italiano. E’ stato molto sbagliato ma ha funzionato. L’opinione pubblica ha reagito come la politica voleva, si sono vinte delle campagne elettorali. Il sindaco Alemanno ha vinto il secondo turno dopo un episodio che riguardava un romeno e che è stato rilanciato all’inverosimile.

Questa che lei definisce strumentalizzazione politica è però trasversale. Il primo decreto d’urgenza dopo l’omicidio Reggiani viene varato in tutta fretta dal governo Prodi, su richiesta del sindaco Veltroni, e dà potere al prefetto di allontanare gli stranieri, anche dell’Unione, per generici “motivi di sicurezza”.
Certamente. Nel libro abbiamo condannato espressamente anche il centro-sinistra. L’omicidio Reggiani era un delitto che poteva essere tranquillamente gestito dal codice penale in vigore. Il centro-sinistra. Dimenticando le sue radici ideologiche, ha dato il via al diritto ad etnia, poi sfruttato.

Nel libro emerge una forte critica alla xenofobia e al razzismo di una certa Italia. Per lei il nostro paese è razzista?
Nel suo complesso no, ma ci sono dei movimenti a rischio. L’ideologia della Lega Nord ha una forte impronta xenofoba e razzista. Basta guardare alle ultime decisioni prese dai vari sindaci leghisti, tra cui cito quella di vietare l’uso di un campo di calcio a una squadra romena solo perché romeni. Questo è un discorso di stampo xenofobo.

Qual è il messaggio e la speranza che il vostro libro vuole trasmettere e quale la proposta?
La nostra proposta è di creare un modello di integrazione partendo proprio dalla comunità romena che è la più vicina sia come cultura, che religione. Essendo cittadini comunitari i romeni godono già di alcuni diritti, già partecipano al processo elettorale votando alle amministrative e alle europee. Si può partire da loro per creare un modello di integrazione che faccia da ponte anche alle altre comunità. Se si fallisce sull’integrazione di una comunità così vicina alla cultura italiana, come si farà poi ad integrare comunità più lontane per ideologia?

Come ha funzionato la scrittura a quattro mani? Due menti e due settori di competenza separati e anche molto diversi.
Abbiamo iniziato scrivendo ognuno le proprie parti, poi le abbiamo messe insieme. Si è creata una sinergia per cui adesso nessuno di noi sa con precisione quale è la propria scrittura specifica. E’ stata un’ esperienza bellissima. Io ho colto lo sguardo dell’italiano e dall’altra parte Melis ha potuto conoscere il punto di vista del romeno, del soggetto.

Come siamo percepiti noi italiani in Romania?
In Romania, l’Italia è vista come un paese razzista. A questo ha contribuito anche la stampa romena che ha enfatizzato i casi di discriminazione e di abusi, dando un’immagine distorta dell’Italia. Durante i giorni della Caffarella mia madre mi chiamava dalla Romania pregandomi di non uscire di casa, sembrava un teatro di guerra. Certo l’operazione dei miei colleghi romeni è stata una reazione come risposta a quello che succedeva nelle prime pagine dei giornali.

La presentazione del libro alla Camera, alla presenza del presidente Fini che significato ha per lei?
E’ una svolta nel rapporto tra le Istituzioni italiane e il mondo dell’emigrazione. Non si farà più finta che la comunità romena non esista e non abbia dei diritti. Apprezziamo moltissimo l’apertura che Fini ha dimostrato in questi ultimi tempi. E’ un momento importantissimo. C. T.

Alina Harja (Vaslui, 1980), giornalista, corrispondente in Italia del canale news Realitatea Tv, il più diffuso in Romania e tra gli immigrati romeni in Italia. Ha anche lavorato per «Parvapolis » (Latina) e collabora a «Metropoli », il giornale dell’Italia multietnica pubblicato da «Repubblica». Attiva da anni nell’associazionismo romeno in Italia, presiede l’Associazione “Amici della Romania”. Attualmente lavora con Guido Melis alla Camera dei Deputati come assistente parlamentare.