"Mollare gli ormeggi" di Carlo Romeo


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Come fanno i marinai con la cambusa

Un libro sul mare. Eccone un brano: 'Gossip di bordo'

Carlo Romeo scrive di mare. In Italia non è letteratura frequentata. Chi si ricorda del grande scrittore di mare Raffaello Brignetti? Romeo lo fa, all’occorrenza, anche spiritosamente.
Lo ha già fatto con “Boatpeople” (Longanesi), raccontando come si acquista una barca. Ci riprova con “Mollare gli ormeggi”, in uscita in questi giorni sempre per i tipi di Longanesi. Scrivere di mare (e quindi di barche, di porti, di vento, di onde, di fondali, di coste) è anche scrivere di uomini, di donne e di viaggi. Romeo non si vanta di essere, del mare, un “lupo” (ma leggendolo si capisce che è arte discreta di dissimulazione). Raccontando di cose di mare, ritrae dunque pure la varia umanità, talora sprovveduta, che per mare si incontra.
E di “tipi” - nei porti, sulle barche - ce ne sono da compilarne un catalogo! Ma i libri di Romeo, pur col tratto leggero dell’ironia, sono anche preziosi manuali. Per gentile concessione dell’autore e dell’editore pubblichiamo qui una parte del capitolo “Gossip di bordo”.







"Gossip di bordo"
da "Mollare gli ormeggi" di Carlo Romeo

Dicesi tradizionalmente cambusa il deposito di viveri della nave ma ormai per estensione si intende con questo termine tutto ciò che, a bordo, riguarda il mangiabile e il bevibile o i sedicenti tali.
In barca, d’altra parte, esistono tendenzialmente due principali scuole di pensiero - chi cucina e chi no - che riescono a convivere senza grandi difficoltà ma anche senza per questo comprendersi minimamente fra loro, nonostante tutta la buona volontà. Chi sa cucinare apprezza molto che la controparte frequenti la sua tavola, in parte per una naturale forma di auto-compiacimento gastronomico, in parte perché ha trovato chi dopocena gli lava - senza rompere troppo le balle - piatti, padelle, pentole, posate, bicchieri, infidi scolapasta, dosatori, mestoli, sei tipi diversi di coltelli di cui uno di ceramica, un tagliere in legno decorato, la caffettiera, nove ciotole di svariate dimensioni più qualche altro attrezzo di dubbia provenienza e di ambigua utilizzazione. Per chi non sa cucinare, risulta totalmente incomprensibile la quantità di cose che riesce a sporcare a bordo uno chef dilettante, per preparare un semplice piatto di spaghetti.
Sulla barca di un armatore poco portato per la gastronomia, solitamente, si trovano invece al massimo un paio di pentole praticamente mai usate, un bollitore d’acqua per il tè e per il caffè solubile, perché la caffettiera è complessa e pericolosa, nonché una quantità indescrivibile di scatole e barattoli contenenti i generi alimentari più improbabili purché non necessitino di alcuna operazione che vada oltre l’apertura di una busta, lo svitamento del coperchio oppure l'utilizzo dell’apriscatole.
I risultati non sempre sono sgradevoli e, se lo scatolame non è di cattiva qualità o regolarmente scaduto da un paio di stagioni, un esperto non-chef riesce a preparare, bene o male, qualcosa di affascinante se non proprio di decente. Certo che un piatto caldo è sempre un piatto caldo ma siamo in barca e occorre adattarsi, dice lui sorvolando sul fatto che la cucina di casa sua non è che sia molto diversa. Da evitare con cura, in questo ambito, sono invece coloro che a bordo non mangiano perché sono a dieta, perché si scordano di fare cambusa, perché è troppo complicato e costoso eccetera. Dopo un paio di giorni costoro si trasformano in professionisti dell’accattonaggio alimentare presso le barche vicine che, una volta capita l’antifona, cercheranno di tenerli in qualche modo alla larga o di dare una ripulita alla cambusa, nutrendoli appunto con cibi scaduti.
Cominciando dalla spesa, risulta subito evidente a un occhio esercitato all’osservazione che tale operazione, per essere comprensibile in tutte le sue sfumature, richiede il supporto di un paio di psicoterapeuti del comportamento. Esistono in realtà vari modi di fare cambusa. Un primo esempio può essere rappresentato dalla coppia che si nutre esclusivamente di prodotti firmati, trascinando carrelli carichi di vivande pregiate che vanno dal prosciutto di cinghiale siberiano al paté di foca monaca, per non parlare dei vini per i quali improvvisano conferenze volanti nei corridoi del grande magazzino prescelto per gli acquisti. Queste lezioni sono particolarmente apprezzate dalle anziane signore che in realtà nel supermercato abitualmente ci vivono e che attendono con ansia queste occasioni di svago, come erudita variante ai consueti litigi fra gli inservienti sui turni e sulle ferie.
C’è chi per due giorni di barca riesce a riempire tre carrelli, svuotando le tasche proprie e del resto dell’equipaggio e, di contro, chi invece si presenta alla cassa con tre pacchi di biscotti e venti litri di acqua per andare da Mazara del Vallo al golfo dei Poeti e ritorno, vino e birra a parte. Fare cambusa non è cosa da poco anche perché un equipaggio ben nutrito è una banda di fratelli, pochi e felici. Cosa dunque ricordarsi di prendere quando si va a fare cambusa? Ferma restando la premessa della totale soggettività delle scelte quando si parla di cibo, ci sono alcuni componenti di base cui e difficile rinunciare. Non può mancare ovviamente la pasta corta o lunga - più comoda la corta - e tutto il necessario per il relativo sugo, quindi passata di pomodoro, olio, aglio, aromi e condimenti vari perché, come cantava Renato Rascel, senza pepe e senza sale la minestra non si fa. Sarà meglio quindi avere a bordo una padella per il sugo e una pentola capiente con magari lo scolapasta incorporato per comodità e per risparmiare spazio. E’ bene ricordarsi, per inciso, che l’acqua bollente della pasta, versata nelle tubature della barca, non rende loro la vita più facile, quindi meglio tappare il lavello e aspettare che si raffreddi così come è sempre meglio che sul fondo del lavello ci sia un filtro di plastica o di acciaio che eviti di intasare lo scarico. Con pochi centesimi di spesa, in tal modo, si evitano un sacco di seccature. Per quanto riguarda la cottura della pasta, gli esperti consigliano, se le circostanze lo consentono, un terzo di limpida acqua di mare e due terzi di acqua dolce, sostenendo che l’esperienza insegna essere questa la proporzione ideale.
Ovviamente parmigiano, sempre e comunque, quasi si fosse all’ombra di San Petronio. Un blocco di parmigiano si conserva bene e si può mangiare tagliato a tocchi, nei momenti più complessi della navigazione, e questo dal punto di vista pratico, nutritivo e gustativo va più che bene. Altrettanto inutile citare la necessità di avere a bordo quantità adeguate di acqua, vino, alcolici e birra. Parecchia birra, generalmente. In caso di lattine, pero, occhio alla ruggine perché spesso le lattine in barca, indipendentemente dal suo contenuto, tendono ad arrugginire. Infine meglio non dimenticare succhi di frutta e Coca-Cola, utile quest’ultima anche nei casi in cui la recente cena senta un improvviso bisogno di tornare su, per prendere una boccata d’aria e salutare gli amici.
Nella dotazione basic non devono mancare cracker e biscotti vari, tè e caffè o qualsiasi surrogato utile alla preparazione di una bevanda calda. Sia detto anche questo per inciso e a loro onore, i vecchi marinai, quando per ragioni diverse non sia reperibile a bordo una caffettiera funzionante, riescono a fare un ottimo caffè nero con un calzino e qualche garza sottratta alla dotazione del pronto soccorso, a testimonianza dell’antica arte di arrangiarsi (il calzino sarebbe preferibile fosse pulito, perché c’è un limite a tutto, anche per i vecchi marinai).
Tornando in cambusa, fa comodo avere due o tre formaggi stagionati, un salame intero, vari affettatati in quantità secondo i gusti e rigorosamente sigillati sottovuoto, salvo quelli di pronta consumazione, formaggini e yogurt se ci sono creature in giro e appena possibile mozzarelle, come se piovesse. Il latte fresco microfiltrato si conserva meglio, ma due o tre litri a lunga conservazione per le emergenze sono indispensabili. Per la carne si può puntare su bistecche per la griglia, straccetti di manzo perché si fanno in un momento quindi massima resa, minima spesa, oppure fettine di pollo e vitello e, raramente, del macinato per fare le polpette. In generale vanno consumate prima le carni bianche delle rosse che si conservano meglio se ben chiuse.
Le uova sono sempre fondamentali a bordo, visto che risolvono brillantemente tante situazioni, sode, alla coque, fresche e poi servono per fare, insieme al pangrattato, le basilari fettine panate e, insieme alla farina, le crépes e i dolci di compleanno, se ci sono operose madri armatrici a bordo. Anche la verdura deve essere sempre presente in cambusa, pur richiedendo un’attenzione particolare per la conservazione. Una buona soluzione restano le carote, con relativo arnese per pulirle, che fanno parte della razione standard durante le lunghe navigazioni, conservate intere, pelate, lavate, chiuse in una scatola di plastica piena di acqua e riposte in frigo. Quando fa veramente caldo, nelle grandi smotorate come nelle navigazioni di bolina, fanno a volte la felicità di tutto l’equipaggio, il che dà peraltro una qualche idea sulla qualità della vita a bordo di una crociera.
Seguono fagiolini, zucchine e melanzane che si conservano bene, facendo però attenzione, al momento di acquistarli - secondo i maniaci della cambusa - scegliendoli con estrema cura, pezzo per pezzo. In tal caso, sarà opportuno tenere contemporaneamente d’occhio anche il verduraio per accorgervi in tempo se, dopo mezz’ora che gli palpeggiate scientificamente tutta la merce, vi sembrerà che stia cominciando a cercare qualcosa di contundente con cui colpirvi. Una volta acquistate, frutta e verdura è assolutamente necessario che vengano tolte subito dagli orribili sacchetti di plastica che hanno il solo scopo di favorire l’immediata putrescenza della spesa appena fatta. Chi ha maturato una certa esperienza nel corso degli anni nello stivaggio sostiene che frutta e verdura non devono stare a contatto con la parete di fondo del frigorifero dove immancabilmente viene a trovarsi (come in sentina del resto) un po’ di quell’acquetta che innesca immediatamente il processo di putrescenza di cui sopra. Quindi in basso devono stare scatole chiuse, contenenti carne, salumi e formaggi; il latte e gli yogurt. Subito sopra le uova e i classici avanzi, anch’essi opportunamente chiusi in scatola e in alto la frutta e la verdura. Frutta e verdura devono stare in recipienti aperti, o nei sacchetti areati o meglio ancora nelle mitiche buste di carta marroni, ormai rare come un treno in orario.
Quando è possibile, meglio non far mancare l’insalata, sempre da stivare ai piani alti. In mancanza di un frigo capiente, frutta e verdura trovano una collocazione ottimale in un recipiente areato e opportunamente sollevato alla base (tipo cesta dei panni) sotto il lavandino del bagno. In mancanza di posto sotto il lavandino, maniacali campeggiatori marini di consumata esperienza suggeriscono di avvolgere ogni singola zucchina e melanzana in appositi stracci e di riporle, previa trascrizione di una mappa per evitare la relativa caccia al tesoro, nei posti più ventilati della barca. Per la frutta valgono le stesse considerazioni fatte per la verdura, ovvero di scegliere ogni singolo pezzo per evitare il propagarsi della spiacevole muffa che rende il tutto immangiabile. Meloni e pesche noci si conservano meglio delle altre; uva da tenere in bella mostra fuori dal frigo, quindi mele e albicocche, fanno parte tutte della consueta dotazione estiva alla quale aggiungere all’occorrenza le banane che vanno però consumate presto, e che a bordo peraltro non godono di buona fama. Per quanto concerne lo scatolame vario, dipende ovviamente dai gusti anche se è difficile sbagliare scegliendo tonno, fagioli cannellini, sughi pronti, capperi, alici, eccetera. In sintesi, fate voi. In conclusione, è consigliabile avere sempre a disposizione il relativo occorrente per preparare poche cose che riescano bene, gestibili in modi diversi perché è inutile pensare di mettere in tavola piatti che usualmente non si è soliti cucinare tra le più tranquille mura domestiche. Insomma, nel caso ci pungesse vaghezza, leviamoci dalla testa di sperimentare piatti nuovi e tantomeno di imparare a cucinare in barca. Altra considerazione sulla preparazione dei cibi estivi e di puntare a cibi ricchi e intriganti per cena visto che il più delle volte il pranzo si salta, vuoi per la navigazione, vuoi per sfrenate sessioni di bagni e nuotate. Va detto che in barca sono o dovrebbero essere sempre presenti cose sfiziose per dare un po’ di colore alle pietanze. Si tratta insomma di arricchire i piatti serali cosi come gli spuntini del pranzo, quando si riesce a farlo, quindi possono tornare utili pinoli, noci, capperi, miele, rosmarino, basilico, prezzemolo, pan grattato, farina con tutto l’armamentario necessario per tartine varie come maionese in tubetto, pasta di olive, di tonno o di salmone e cracker di ogni forma e tipologia e, quando possibile, le mitiche olive.
Se proprio si volesse sperimentare qualcosa, tanto per concludere la faccenda nel migliore dei modi cioè a tavola, si può fare un tentativo con la ricetta della pasta al vino, definibile, se si vuole, modello Matamanoa dal nome dello sloop dove è considerata di famiglia. Indicata per due o al massimo quattro persone, fa molta atmosfera ed è praticabile, almeno in teoria, anche da un individuo che in cucina distingua a fatica una forchetta da un cucchiaio. Per prepararla, servono nell’ordine spaghetti grossi tipo vermicelli, olio, aglio, peperoncino nonché un bicchiere di vino rosso e un dado da brodo a testa. Mettere l’acqua a bollire, rigorosamente senza sale. Nel frattempo in un tegame far rosolare olio, aglio e peperoncino e, quando l’aglio si è appena rosolato, aggiungere il vino e i dadi da brodo. Quando l’acqua bolle versare la pasta e prendere il tempo. Raggiunta metà cottura (rispetto al tempo indicato sulla confezione), scolare e terminare la cottura nel tegame con il vino, cottura che si conclude praticamente con l’esaurimento del vino stesso.
Gli spaghetti diventano rossicci e alla gente di mare piacciono molto. Il problema è che alla gente di mare solitamente piace molto il vino anche senza gli spaghetti, quindi la materia prima per il condimento arriva solo con molta difficoltà nel tegame. Si potrebbe persino dire che questa ricetta ha l’ulteriore pregio di riutilizzare il vino avanzato a bordo in precedenza, se la sola idea che possa avanzare del vino in precedenza non fosse già di per sé un fenomeno difficilmente realizzabile, quanto meno su una barca di buona fama.