di Mario PapettiAgroalimentare e moda, un matrimonio fatto di eccellenze il cui fatturato supera i 220 miliardi di euro l'anno. Due settori che garantiscono, da sempre, la qualità, la genuinità e la creatività del Made in Italy. Da qui il progetto e la realizzazione di "Moda Movie-Taste for fashion", evento organizzato a Roma dalla Confederazione italiana agricoltori (Cia). Un connubio nato per valorizzare i giovani stilisti talentuosi ma anche gli elementi di qualità e un modello del mangiare sano e genuino. "Perchè vestire bene - ha sottolineato il presidente di Moda Movie, Sante Orrico - vuol dire spesso anche mangiare bene".
Obiettivo del matrimonio: sostenere e valorizzare queste "due punte di diamante dell'economia italiana - come ha sostenuto Rossana Zambelli, responsabile area organizzazione della Cia - per dare nuovo slancio al nostro export, soprattutto nell'attuale difficile momento economico che richiede nuove spinte imprenditoriali, creatività, fantasia, ma anche tanto impegno". Sono proprio i temi legati alla genuinità, alla sicurezza alimentare e alla qualità delle nostre produzioni a caretterizzare - come è stato ribadito dagli ideatori del progetto - a caratterizzare questo nuovo rapporto tra agricoltura, sistema agroalimentare e moda. Un rapporto che è destinato a rafforzarsi ulteriormente, in quanto all'orizzonte ci sono nuove iniziative. "Come mondo agricolo - ha infatti sottolineato Rossana Zambelli - siamo fortemente intenzionati a rendere questo rapporto con la moda, con la creatività e il valore che la contraddistingue, sempre più incisivo. I nostri produttori garantiscono qualità, cosa che troviamo anche negli stilisti italiani, nei tanti giovani talenti che rendono il nostro Paese protagonista assoluto nel grande pianeta dell'abbigliamento e dell'Alta moda". Quindi, agricoltura, agroalimentare e moda si uniscono "per contribuire ancora di più alla crescita della nostra economia, per aprire nuovi spazi sui mercati internazionali, per rilanciare il Made in Italy, che proprio in questi settori trova sempre linfa vitale". Prossimo appuntamento la mostra -installazione "Bio-vegetale. Percorsi tra agricoltura, arte e artigianato" in programma dal 4 al 6 giugno nella Biblioteca nazionale di Cosenza.
TRA FALSI E TAROCCHI "RAPINA" DA 80 MLD
Ma sui due settori traino della nostra economia pesa come un macigno l'industria del falso cresciuta, negli ultimi dieci anni, del 1850%. Pesanti i danni per le nostre imprese e per l'immagine dell'Italia del mondo. Il business del falsi si aggira intorno agli 80 miliardi all'anno. "Parlare di rapina e di scippo - è stato sottolineato nel corso degli interventi - e di assalto indiscriminato non è affatto azzardato. Siamo di fronte ad un vero e proprio accerchaimento". Nel mondo il fenomeno della contraffazione e della pirateria ha superato il 7% della merce scambiata. La produzione mondiale della contraffazione proviene per il 70% dal Sud -Est asiatico (soprattutto Cina, ma anche Thailandia, Taiwan, Hong Kong e Corea). Per quanto riguarda l'Italia è diffusa su tutto il territorio, con punte particolarmente elevate in Campania (soprattutto abbigliamento e beni di largo consumo), Toscana, Lazio e Marche (pelletteria). Un mercato, sostiene la Cia, che genera in Italia un giro di affari superiore agli 8 miliardi di euro. Il settore in assoluto più colpito è quello della moda (che da solo concentra il 60% degli affari), segue quello alimentare, della cosmesi, dell'elettronica, dei medicinali e dei giocattoli. Il nostro paese risulta, inoltre, il primo produttore di beni contraffatti a livello europeo e il terzo a livello mondiale. In termini di produzione sommersa vale circa il 22% del Pil.
Negli Stati Uniti tre prodotti su quattro vengono spacciati per italiani, ma sono soltanto delle imitazioni e le nostre imprese agroalimentari pagano un conto salatissimo:oltre 4 miliardi di euro all'anno. In Francia i prodotti pseudo italiani sono il doppio di quelli originali, in Germania e in Olanda quasi il triplo. Nel nostro Paese, secondo la Cia, si realizza più del 21% dei prodotti a denominazione d'origine registrati a livello comunitario. A questi vanno aggiunti gli oltre 400 vini Doc, Docg, e Igt e gli oltre 400 prodotti tradizionali censiti dalle regioni e inseriti nell'Albo nazionale. Una lunghissima lista di prodotti che ogni giorno, però, rischia di essere "taroccata".