I sindacati: si mina autonomia


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Università, si riaccende la protesta

Ma la Gelmini: 'La riforma non contiene tagli' f

Settimana di protesta in tutte le università italiane, proclamata da sindacati e associazioni di lavoratori, per contestare la politica del governo e la riforma Gelmini. Rettorati simbolicamente occupati, assemblee permanenti, sit in e appuntamento davanti a Palazzo Madama, dove è iniziata la discussione del disegno di legge per riformare il sistema universitario. La protesta degli atenei è approdata anche in diretta sui media universitari. Ustation.it ha raccontato dalle 11 alle 13 la mobilitazione, per accendere i riflettori anche sulla difficile situazione dei ricercatori che, spiega Marco Merafina, coordinatore nazionale della categoria, “vivono in una situazione di precarizzazione insostenibile”.

All'origine delle iniziative di protesta, quella che gli oppositori della riforma definiscono la "drammatica" condizione in cui versano gli atenei per effetto dei tagli al finanziamento, in parte già attuati, e in parte da attuare nel 2011 e 2012 e i contenuti del disegno di legge Gelmini 2 in discussione al Senato. Un provvedimento che - a parere dei promotori delle proteste - intende "scardinare il sistema nazionale dell'università pubblica, concentrando le scarse risorse in pochi atenei ritenuti 'eccellenti' e ridimensionando il ruolo di tutti gli altri". Per il ministro dell’Istruzione, università e ricerca, Mariastella Gelmini, bisogna andare avanti : "Bisogna avere il coraggio di cambiare, di guardare a una università moderna. Non serve ripetere vecchi slogan. Le ideologie devono essere lasciate fuori dall'università, l'unico interesse deve essere quello dei ragazzi e del loro futuro" . Il ministro sottolinea che "il ddl riforma completamente il sistema universitario italiano, elimina sprechi e privilegi, rivede la governance degli atenei, punta sul merito, apre le porte ai giovani. La stragrande maggioranza degli studenti, come dimostrano le recenti elezioni universitarie - conclude Gelmini - ha voglia di cambiare e non ha nessuna intenzione di seguire chi cerca di strumentalizzarli".

Le ragioni del ministro
Gelmini: non ci sono tagli, si strumentalizza
“La riforma valorizza gli atenei. Manovra, scuola al riparo”

La riforma dell'universita' ''non contiene alcun tipo di taglio''. Lo ha assicurato il ministro dell'Istruzione, Maria Stella Gelmini. ''Il nostro impegno - ha detto - e' non solo sul fronte della ricerca di risorse adeguate per il sistema universitario, ma soprattutto per una spesa piu' efficiente''. Quanto alla protesta dei ricercatori - impegnati in un sit-in davanti al Senato - la Gelmini ha osservato che la riforma consente loro di poter avere due contratti triennali ''al termine di ciascuno dei quali ci sara' una valutazione e poi la possibilita' di accedere all'abilitazione nazionale e quindi entrare in ruolo con una progressione di carriera e con uno scatto stipendiale nell'universita' o di lavorare all'interno della pubblica amministrazione o nelle aziende private. Credo - ha concluso - che la riforma valorizzi il ruolo dei ricercatori e allinei l'Italia alle prassi europee''.

Il ministro ha anche detto che la manovra economica non avra' nessuna ripercussione sul mondo della scuola: "La scuola non verra' toccata dalla manovra. Il nostro impegno e' legato alla partenza della riforma della scuola superiore a settembre e sul fronte dell'universita' all'approvazione della riforma. In un momento di crisi economica -ha sottolineato Gelmini- credo che l'universita', come tutti i comparti della pubblica amministrazione, debba contribuire ad un'operazione di risanamento dei conti pubblici e all'ottimizzazione dell'impiego delle risorse".

In un'intervista al quotidiano "Il Giornale", il ministro ha commentato le azioni di protesta di questi giorni, parlando di "strumentalizzazione". Secondo la Gelimini, a strumentalizzare sono ''tutti quelli che hanno interesse a mantenere lo status quo. E anche una sinistra che non offre soluzioni ma protesta a prescindere''. Il titolare del dicastero di viale Trastevere si dice pero' convinta che ''la maggioranza degli studenti sia dalla nostra parte" e la vittoria degli studenti di centrodestra che si profila alle elezioni del Consiglio Universitario Nazionale ''rafforza la nostra volonta' di proseguire per la strada che abbiamo scelto che e' quella dell'abolizione dei privilegi''.

''La vittoria alle elezioni -insiste Gelmini- dimostra che la maggioranza dei ragazzi non si lascia strumenatlizzare'. E a chi le fa notare che il Pd e l'opposizione appaiono decisi ad alzare barricate contro il ddl di riforme, il ministro replica: ''Noi comunque faremo sempre dei tentativi di dialogo. Sarebbe importante che riforme cosi' imoportanti fossero condivise. Mi sembra pero' -conclude Gelmini- che da sinistra non arrivino proposte sul tavolo ma solo proteste. Non rinunceremo al cambiamento: se non ci sarà colaborazione andremo avanti da soli''. 


 

Le ragioni della protesta
“Si mina l’autonomia dell’università”
Parla Mimmo Pantaleo, segretario generale della Flc-Cgil

di Carla Toffoletti

Sindacati e associazioni di categoria hanno proclamato una protesta negli atenei di tutta Italia contro la riforma Gelmini. Pantaleo, perché la lotta riparte?
Non solo contro la Riforma ma soprattutto per chiedere finanziamenti adeguati all’università. Proprio mentre si taglia, 1,5 miliardi di euro previsti in tre anni, dal 2010 al 2012, e mentre si fa una discussione sul disegno di legge, molte università sono al collasso. Nei prossimi mesi si rischia di non pagare gli stipendi, viene ulteriormente peggiorata la ricerca, le università si troveranno costrette ad aumentare le tasse universitarie. E’ una situazione molto pericolosa che potrebbe portare, in breve tempo, molti atenei al collasso finanziario. Non si capisce come si può parlare di riforme, tagliando. Noi crediamo che l’università così com’è non va bene. Servono profonde riforme, ma per farlo bisogna investire, come stanno facendo tutti i paesi in Europa e nel mondo.

Cosa pensa del disegno di legge?
Riteniamo inaccettabile l’impostazione di quel disegno di legge, perché toglie l’autonomia alle università, sancita dalla nostra Costituzione. E’ autoritario perché stabilisce che tutti i poteri vengano affidati a un rettore e a un consiglio d’amministrazione, piegando l’università a una logica aziendalistica, eliminando tutti i luoghi della partecipazione democratica, precarizzando ulteriormente il lavoro. L’idea che i ricercatori debbano essere assunti solo a tempo determinato significa espellere la ricerca dalle università. La forza di qualsiasi sistema universitario è di tener insieme didattica e ricerca. Infine si abbatte il diritto allo studio. C’è un taglio drastico delle risorse per il diritto allo studio, il Fondo per la meritocrazia non è finanziato nè tantomeno ha il compito di garantire a tutti l’accesso all’università, date le oggettive difficoltà economiche che i ragazzi incontrano oggi, anche per la difficile situazione del Paese. Si fa un’operazione in cui si taglia il diritto allo studio, impedendo alle famiglie meno abbienti di far studiare i propri figli. Queste sono le questioni per noi inaccettabili e che sono proprio il pilastro su cui si regge il disegno di legge Gelmini, che ha come unico obiettivo non quello di migliorare il sistema universitario del Paese, ma quello di applicare i tagli decisi da Tremonti . Non a caso anche il controllo del Ministero dell’Economia sulle università è molto stretto. Il Miur viene esautorato da una serie di funzioni e chi determina tutto è il ministero dell’Economia.

Ma la crisi economica è un dato oggettivo e richiede sacrifici.
I sacrifici dovrebbero farli quelli che finora non li hanno fatti. Questo è un Paese in cui si evadono 120 miliardi di euro all’anno, è un Paese in cui il malaffare produce una perdita di circa 60 miliardi di euro che vanno a finire nelle tasche dei soliti noti. Bisogna fare delle scelte. Per uscire dalla crisi in modo costruttivo non si possono tagliare investimenti alla scuola, all’università e alla ricerca, come non si possono chiedere sacrifici ai pensionati. La risposta del sindacato deve essere forte, fino allo sciopero generale.

I sindacati sono uniti su questo?
Ieri è stata una grande giornata unitaria. Certo, permangono tante differenze e difficoltà, ma io penso che le organizzazioni sindacali unitarie possano tentare di invertire delle scelte che sono disastrose per il paese. Siamo a un bivio: o questo Paese scommette sul proprio futuro, ridefinendo gerarchie sociali, interessi, rimettendo in discussione rendite consolidate, oppure dobbiamo sapere che i costi della crisi verranno scaricati tutti sui dipendenti, sui pensionati, ma anche sui grandi diritti sociali di cittadinanza, perché il diritto all’apprendimento è a mio avviso il più moderno diritto di cittadinanza.

Oggi il presidio davanti al Senato dove è iniziato l’iter di discussione del disegno di legge.
Ci sono evidenti differenze anche all’interno della maggioranza, le opposizioni hanno presentato una serie di proposte. Anche la politica discute di queste questioni. Io penso che su questo ddl sarebbe stata opportuna una discussione ampia anche delle forze sociali. In realtà è stato partorito in stanze ristrette. Se si vuole riformare profondamente un sistema universitario, dove prevalgono baronie, interessi di casta, interessi clientelari, se si vuole demolire quello status quo che oggi determina una qualità non accettabile del nostro sistema universitario, c’è bisogno di un grosso dibattito pubblico. Finchè ci sono i tagli diventa difficile anche per il Governo stesso dare una patente di riforma ad un’operazione che serve solo a recuperare i tagli gestiti da Tremonti. Oltre al taglio di 1,5 miliardi di euro previsti in tre anni, dal 2010 al 2012, non sappiamo cosa aggiungerà la manovra correttiva dei 25 miliardi di euro. Parliamo di un sistema che era già sotto finanziato e che ha costretto molti atenei a ricorrere all’esercizio provvisorio (senza risorse non vengono approvati i bilanci), quasi tutte le università sforeranno il tetto del 90% per gli stipendi (se diminuiscono le entrate e aumentano i costi è evidente che sfori). Alla fine il rischio è di aumentare le tasse, di tagliare ulteriormente le risorse per la ricerca, e molte università a breve non saranno più in grado di pagare gli stipendi. Mentre si sta discutendo di un fantomatico disegno di legge che, se vedrà la luce, per andare a regime impiegherà 4,5 anni. Nel frattempo il malato muore.