di Carla Toffoletti
Dacia Maraini in scena alla Sapienza di Roma. All’Aula Magna dell’università, la rappresentazione dei Matt-attori dell’Accademia della Follia. La pièce, prodotta dal Teatro Stabile del FriuliVenezia Giulia, affronta i difficili temi del pregiudizio e dell’esclusione sociale del diverso. Gli attori sono persone che soffrono di disagi mentali.
“Stravaganza” racconta la storia di 5 malati di mente, della loro esistenza, delle loro paure, delle loro relazioni dentro e fuori dal manicomio. Qual è il confine tra follia e stravaganza? Sono due cose intrecciate. Io posso vedere l’aspetto comune a tutti della follia. Tutti abbiamo qualche grano di follia, non è una cosa così speciale e diversa. Bisogna vedere cosa si intende per follia. Se è più vicina alla stravaganza è una cosa comunissima. Se è più vicina allo star male, è altrettanto comune, ma va curata con i farmaci.
Da cosa nasce l’idea del testo?
“Stravaganza” nasce nel 1986 e racconta la chiusura dei manicomi a seguito della leggeBasaglia. L’ho pensato prima dell’approvazione della legge. Volevo spiegare, chiaramente in modo teatrale, quali opportunità apriva la legge 180 a malati fino a quel momento trattati solo con psicofarmaci , spesso legati al letto in condizioni di contenzione, massacrati da elettroshock, Erano considerati esseri da punire e da tenere segregati, mentre l malattia mentale non ha niente a che vedere con la violenza. I manicomi erano prigioni vere e proprie, in cui i malati invece di essere curati venivano puniti per la loro malattia. E’ un vecchio concetto religioso della malatt ia quasi come punizione di Dio.
Qual è l’attualità del testo? Oggi i manicomi sono stati chiusi.
I manicomi non ci sono più ma le prevenzioni contro chi sta male e viene considerato matto ancora esistono e sono molto forti. Il mio testo vuole dimostrare come nella follia ci sia anche tanta allegria,molta libertà, pensiero, amore. C’è di tutto. E non a caso ho chiamato il mio testo “Stravaganza”.
Il ritorno dei protagonisti alle proprie case comporta esclusione, rifiuto e paura. Allora decidono di riscattarsi da soli e di andare a vivere insieme. La creazione di luoghi in cui vivere “normalmente”. Lo prevedeva la legge. E’ stato fatto?
No, ed è proprio questo il problema. La Legge Basaglia è una legge bellissima, rivoluzionaria, di grande modernità e civiltà. Tutto il mondo ce la sta copiando. Però la Legge stessa prevedeva la costituzione di servizi. Si chiudono i manicomi, ma le persone che stanno male hanno bisogno di cure, case asilo, case famiglia in cui stare. Purtroppo in molte parti d’Italia questo non è stato fatto e il problema è ricaduto sulle famiglie. Questa è la denuncia. Le famiglie da sole non ce la possono fare. Quando i protagonisti della mia storia tornano a casa trovano un clima di sospetto,di paura, addirittura di terrore, come se potessero fare cose tremende, invece loro sono più spaventati degli altri.
Cosa ha a che fare la follia con la paura?
La follia ha a che fare con malattie dello spirito, con un distacco dalle cose, con la depressione. Quasi sempre dietro la follia c’è una depressione, c’è un infelicità. La paura invece viene dall’ignoranza. Ciò che non si conosce ci spaventa. La cultura ha proprio lo scopo di far conoscere le altre culture per superare la paura e la diffidenza. “Stravaganza” è portato in scena dall’Accademia dei Folli, una compagnia composta per lo più da ex pazienti psichiatrici. Cosa ha significato per lei lavorare a fianco di queste persone? E’ stata un’esperienza straordinaria. Sono persone che portano sulla pelle la cicatrice di questa esperienza. Loro sanno cosa significa quel tipo di detenzione manicomiale. Sono stati rinchiusi nell’ospedale Psichiatrico prima della legge Basaglia e ne hanno sofferto tanto. Però ne sono usciti con una straordinaria capacità e vitalità. Ai matt-attori dell’Accademia della Follia è stata data una possibilità (grazie alla legge Basaglia) e loro hanno dimostrato di avere talento e tecnica, di saper esprimersi come straordinari attori.
Qual è l’importanza di portare questo spettacolo tra i giovani, nelle università?
Far riflettere sulla differenza, la paura dell’altro, l’allegria e l’intelligenza che ci può stare dentro una persona considerata diversa perché affetta da disturbi mentali. Questi “matti” nel mio testo si fanno benvolere, producono una grande simpatia, nonostante siano un po’ stravaganti.