Salone del Libro di Torino / 12 - 16 maggio


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L'India e 'l'indianità'

Ritratto di un popolo, di Sudhir Kakar d

di Raffaella Miliacca

Ha tagliato i nastri di partenza il Salone internazionale del Libro di Torino, tra il saluto delle autorità, con il ministro Sacconi e il presidente della Regione Piemonte Cota, e folle di ragazzini che, con i loro berretti e zainetti, percorrono come un serpentone colorato i padiglioni del Lingotto. La manifestazione, che prosegue fino al 17 maggio, quest’anno ha come tema la memoria e Paese ospite d’onore è l’India. E con la “lectio magistralis” di Sudhir Kakar si è aperto il ciclo degli incontri previsti nei cinque giorni del Salone.

Sudhir Kakar, psichiatra, saggista e scrittore , è autore di “Gli indiani. Ritratto di un popolo” (ed. Neri Pozza). Forte della sua competenza psicanalitica, lo scrittore indaga la cultura e i tanti aspetti della quotidianità del suo Paese. In India ci sono tante lingue, diverse religioni e tradizioni, ma “continua a sussistere un sostrato comune, una comunità culturale che ci può far parlare di ‘psiche indiana’, alcuni schemi culturali condivisi che sottintendono all’’indianità’”, sostiene Kakar.

Tra questi, “il bisogno di relazione con l’altro, la dipendenza reciproca dalla comunità: in India l’indipendenza e l’individualità non sono valori molto considerati”. E poi l’ayurveda, la medicina tradizionale indiana, che considera il corpo umano connesso con il cosmo, dove è incessante lo scambio tra corpo e ambiente. Mentre nella cultura occidentale, l’attenzione si concentra sulla “fortezza del corpo”, spiega lo scrittore. Inoltre c’è la forte spiritualità, che è al centro della vita indù con conseguenze sul piano culturale, come la convinzione della speranza o il fascino esercitato dall’occulto. Questi elementi, conclude Kakar, “formano la visione indù, l’indianità. Non sono astrazioni, entrano nel bagaglio culturale fin da bambini, rendendoci indiani oltre la nostra umanità”, unica quella e condivisa tra tutti i popoli.

India e memoria
I due protagonisti del Salone s’incontrano nel racconto di Indra Sinha, autore di “Animal”, un romanzo sulla tragedia di Bhopal, città dell’India dove nel 1984 ci fu una fuga di sostanze tossiche dalla fabbrica di una multinazionale americana. “Animal” è la storia di un ragazzino deforme, risultato di quel disastro che si calcola abbia fatto circa 20 mila vittime. Ho cominciato a scrivere il libro nel 2001, dice Sinha, sapevo molte cose su Bhopal, ma la fiction non mi sembrava lo strumento ideale. Poi, ho incontrato questo personaggio, un ragazzo che camminava a quattro zampe. Aveva molta rabbia, ma anche molta ironia. Quindi la fiction si è riaffacciata. Ho lavorato con i sopravvissuti e mi ha colpito il loro spirito incrollabile, racconta lo scrittore, per il quale quella vicenda è diventata una battaglia civile. La fabbrica è ancora lì, dice, piena di scorie chimiche e tossiche, molti bambini continuano a nascere con malformazioni. Non si tratta solo di memoria, ma di una lotta per la giustizia, conclude.

La memoria della Shoah
Due libri per parlare dell’Olocausto: “A giusta distanza”, di E.Donaggio e D.Guzzi, e “Dire l’indicibile”, di C. De Matteis. Scritto da due filosofi il primo, che s’interroga sul come trasmettere la memoria; sulle testimonianze degli ultimi sopravvissuti, il secondo. Della Shoah ormai si sa tutto, dice Donaggio, il rischio è di diventare in qualche modo anestetizzati.Di fronte a questa tragedia occorre cercare un punto di osservazione da una “giusta distanza”, e cercare di capire, ad esempio l’indifferenza: intorno ai campi di sterminio non c’era il vuoto, ma persone che stavano a guardare. Come è stato possibile?