Anche nel Niger, i primi anni dell'indipendenza sono segnati dal predominio assoluto di un leader carismatico ritenuto il "padre della patria": Hamani Diori, aderente alla federazione dei partiti progressisti africani Rda.
Dal 1975, il Niger viene retto da una giunta militare che impone un regime di partito unico e alla Francia dà la precedenza nello sfruttamento delle risorse di uranio di cui dispone il Paese.
Parallelamente, vengono messe a tacere con la forza le rivendicazioni della minoranza Tuareg, circa l'8% della popolazione, che secondo il regime è appoggiata dalla Libia di Gheddafi.
Lo sfruttamento dell'uranio, "l'oro grigio", non ha portato benessere ai cittadini di un Paese che da sempre è agli ultimi posti nella graduatoria mondiale dell'indice si sviluppo umano.
L'aridità delle terre, accentuata da devastanti siccità e ricorrenti alluvioni, rende il Niger dipendente dagli aiuti alimentari provenienti dall'estero, in particolare dagli Usa. L'agricoltura e l'allevamento, mirati alla sussistenza, sono del tutto insufficienti.
Il Paese risente molto negativamente della sua posizione geografica, priva di sbocchi sul mare, e di servizi e infrastrutture obsolete.
Il Nord del Niger, ricco di uranio, è l'area più a rischio per la sicurezza: oltre ai ribelli Tuareg sono attivi piccoli gruppi legati ad Al Qaeda.
Secondo Greenpeace, poi,l'impatto degli impianti estrattivi sull'ambiente e sulla salute dei cittadini è devastante: radioattività 500 volte superiore al consentito nell'aria e risorse idriche destinate alle miniere, a scapito di contadini e allevatori.
L'uranio resta tuttavia la "gallina dalle uova d'oro" per un governo che non intende rinunciarvi, tant'è che nel 2009 ha dato il via a ben 139 progetti di ricerca di varie compagnie estere.
Di fatto,nonostante le aperture al pluralismo degli anni '90, la politica del Niger continua ad essere dominata da un susseguirsi di colpi di Stato e governi che si mostrano incapaci di raggiungere gli standard democratici occidentali.
Leader indiscusso dell'ultimo decennio è il colonnello Mamadou Tandja, eletto presidente nel 1999 e nel 2004 nelle fila dell'Mnsd, l'ex partito unico.
Nel 2009, non potendosi più ricandidare, ha promosso un referendum che estendesse il suo mandato per 3 anni, ma il 18 febbraio di quest'anno è stato destituito da un colpo di Stato militare.