di Cinzia Gorini
Il recente caso dei tre operatori di “Emergency” arrestati e poi rilasciati in Afghanistan ha riacceso i riflettori sulla salute dei civili coinvolti nelle guerre o che vivono in aree disagiate del mondo. In Toscana, da anni, si cerca di fare qualcosa per queste persone, in particolare per i bambini. Siamo andati a vedere cosa succede al Meyer, ospedale pediatrico fiorentino, centro di eccellenza sia per quanto riguarda gli interventi, le terapie e le cure sia per l’attenzione posta per alleviare le lunghe ore della degenza dei piccoli pazienti. Abbiamo scoperto un mondo. Un mondo di solidarietà che supera le mura dell’Azienda ospedaliera Meyer, che coinvolge associazioni e altre strutture ospedaliere toscane e travalica i confini italiani operando in numerosi Paesi.
Una storia, tante storie. Piccoli pazienti, grandi speranze
Un trapianto di midollo osseo andato a buon fine e il bambino con problemi oncologici del Kurdistan iracheno, dopo mesi di cure, ha lasciato il Meyer, ospedale pediatrico fiorentino. Nella stessa regione, a poche settimane di distanza, sette bimbi con differenti problemi cardiaci (3 del Congo, 3 albanesi e un libico), sono stati ricoverati presso la Fondazione Cnr/Regione Toscana Gabriele Monasterio di Massa OpA (Ospedale pediatrico apuano). Una possibilità di vita, di guarigione, regalata a questi piccini, una goccia versata nel mare della solidarietà grazie all’impegno di tanti.
L’Azienda Ospedaliera Meyer coordina l’attività di cooperazione sanitaria internazionale diretta ai minori in collaborazione con le Aziende Ospedaliere di Siena e di Pisa, con l’Ospedale pediatrico apuano e le organizzazioni di volontariato attive in questo settore. Fino a 250 bambini affetti da patologie ancora non curabili nei Paesi di origine, ogni anno, vengono assistiti in Toscana. Parallelamente ai ricoveri vengono programmati interventi medici nei Paesi di provenienza di molti di questi piccoli (realizzando strutture, dando assistenza, formando e aggiornando personale locale) per creare situazioni di sviluppo e far crescere il sistema sanitario nel mondo. Con la delibera 313/2001 la Regione ha organizzato la cooperazione sanitaria della Toscana. Cooperazione che conta anche sul volontariato, che in questa terra vanta un’antica tradizione (nel 1244 a Firenze ebbe origine la prima “Misericordia”, associazione che molti ritengono sia la più antica “no profit” scaturita in seno a una società civile occidentale).
Ecco chi armonizza
Maria José Caldes è la responsabile per la Cooperazione sanitaria della Regione Toscana.
Dottoressa, da quando vengono curati al Meyer e nelle strutture collegate bambini provenienti da aree disagiate?
Abbiamo una tradizione lunga per quelli che chiamiamo ricoveri a carattere umanitario. In maniera più articolata è iniziato tutto durante la guerra nella ex Jugoslavia. Da allora curiamo costantemente bambini che provengono da aree dove ci sono conflitti armati o che hanno vissuto situazioni di calamità naturali tipo terremoti.
In quali Paesi attualmente state operando?
Come Meyer abbiamo progetti in Burkina Faso, Palestina, Swaziland, Sudafrica, Uganda. Senegal, nei Balcani e in Vietnam con programmi di lotta alla malnutrizione infantile, all’aids, alla tubercolosi e per la cardiochirurgia pediatrica.
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