di Francesco Chyurlia Giovani, pensionati, precari. Sono i soggetti che pagano e continueranno a pagare il prezzo più alto della crisi. Che fare?
“Questa crisi porta con sé un forte rischio: che si scarichi sull’occupazione e poi sui giovani”.
Susanna Camusso, segretario confederale della Cgil, giudicata da più parti come il candidato più idoneo a guidare da settembre (quando scadrà il mandato dell’attuale segretario generale, Guglielmo Epifani) il sindacato di Corso d’Italia, delinea a Televideo le strategie per contrastare una crisi epocale.
“Questa crisi sta generando un debito pubblico mondiale che può scaricarsi sulle nuove generazioni. Il problema è che non deve assommarsi a questo il sentimento dello scoraggiamento. Se viene a profilarsi una crescita senza occupazione, allora bisogna fare il possibile per creare nuova occupazione”.
In che modo?
“Muovendo le leve che un governo può muovere. Bisogna incentivare il sistema manifatturiero recuperando il gap che in questa crisi ha perso e che in parte c’era già prima. E poi bisogna dare un contributo attraverso la scelta di chiudere la stagione del precariato, in particolare tra i lavoratori pubblici, e rilanciare un piano che copra le postazioni che ci sono, riaprendo il turn over, ripristinando i concorsi, le modalità di ingresso formali nella Pubblica Amministrazione dando spazio ai giovani e ai laureati. Ridare a loro prospettive di futuro”.
Dopo la frattura con Cisl e Uil, sembra che vi sia un tenue riavvicinamento. La Cgil ha proposto un percorso comune su temi specifici e Cisl e Uil sembrano consapevoli di non poter fare sindacato da sole. Si ricomincia da tre?
“In generale un sindacato diviso è un sindacato che perde della sua forza e ancor più dentro la crisi a discapito delle categorie più deboli. Ci sono argomenti sui quali possiamo incominciare a ragionare insieme. E’ un approccio metodologico: prima di andare ognuno per la sua strada proviamo a discutere. Con il segretario della Cisl, Bonanni, abbiamo registrato una disponibilità sui temi della democrazia della rappresentanza: c’è una piattaforma unitaria del 2008 e possiamo ripartire da lì per vedere quanta strada possiamo fare insieme. Abbiamo registrato positivamente che il segretario della Cisl parla di una contrarietà per i tagli all’istruzione come prospettiva per il futuro. Dobbiamo chiedere insieme che si confermino le elezioni delle rappresentanze sindacali in tutto il Pubblico impiego. Ora proveremo a concretizzare tutto ciò”.
Lo Statuto dei lavoratori compie 40 anni. C’è chi lo giudica superato e vuole mettere in soffitta…
“Un gruppo di giuristi ha pubblicato un testo che si chiama “Buon giorno statuto”, proprio a indicarne la totale attualità di quelle norme che sono poi l’applicazione dei dettati costituzionali. Noi riteniamo che la Costituzione sia una delle più moderne e rispondenti alle necessità, quindi noi non pensiamo che si possa ragionare in termini di revisioni”.
Questo riguarda anche il disegno di legge sull’arbitrato che integra l’art.18?
“L’operazione che è in campo non è una revisione dello Statuto. Abbiamo assistito con il collegato al lavoro all’idea che non c’è disparità tra il datore di lavoro e il lavoratore. Mentre è noto che c’è un contraente debole e un contraente forte. Abbiamo assistito al fatto che si sostiene l’arbitrato per equità, cioè che si può derogare dalle leggi e dai contratti. Se si può derogare si tolgono le tutele. Lo stesso ragionamento che si fa sullo Statuto dei Lavori sposta il principio. Lo Statuto dei Lavoratori è basato sul principio che il lavoratore ha dei diritti che non c’è una ‘terra di nessuno’ in cui ci sono persone che ne sono privi. Già nella sua stessa dicitura,Statuto dei lavori, si evince che è la tipologia dell’attività che può portare o non portare dei diritti, non più la persona. Questo rende il lavoro subordinato, che è la prevalenza del lavoro in questo Paese con 22 milioni di persone, priva di possibilità di esercizio dei diritti”.
In Italia c’è però una larga fascia di imprese e di attività che occupa un numero così esiguo di dipendenti da rendere difficile la tutela sindacale.
“Non bisogna fare confusione. E’ vero che ci sono norme dello Statuto che non vengono applicate per le imprese che occupano meno di 15 dipendenti, ma i principi generali sono applicati a tutti. Non è vero che ci sono milioni di lavoratori non rappresentati dai sindacati. Semmai è vero che bisognerebbe cercare di estendere ancor più lo Statuto dei lavoratori”.
C’è una minoranza in Cgil che teorizza il conflitto in modo drastico. Il conflitto con il governo, con la Confindustria e con le controparti. Qual è la sua posizione?
“Noi amiamo definirci come il sindacato della contrattazione. Il nostro mestiere è fare proposte e provare a fare degli accordi. Ovviamente il conflitto è uno strumento a sostegno della contrattazione. Non teorizzeremo mai il conflitto fine a se stesso. Noi diciamo ad esempio che ci sono preoccupazioni di prospettiva in una trattativa come quella con la Fiat, ma registriamo anche che la Fiat ha cominciato da qualche mese di una crescita della produzione in Italia. L’idea che bisogna giudicare la nostra capacità di lotta e la nostra credibilità dal numero di ore di sciopero indette è far apparire il sindacato per quello che non è e non deve essere”.