di Sandro Calice IRON MAN 2
di Jon Favreau, Usa 2010 (Universal Pictures)
Robert Downey Jr., Don Cheadle, Gwyneth Paltrow, Mickey Rourke, Sam Rockwell, Scarlett Johansson, Samuel L. Jackson, Jon Favreau, Paul Bettany, Olivia Munn, Leslie Bibb.
Ne vedremo delle belle. Si perché, il matrimonio tra cinema e fumetti della Marvel è destinato a generare molti altri “figli” nei prossimi anni e per questo ogni film dovrà necessariamente essere legato agli altri, se si vuole rispettare la “continuity” (la coerenza nello sviluppo di storie e personaggi) che ha fatto la fortuna – e la qualità – della casa editrice statunitense. “Iron Man 2” si inserisce in questo progetto, con luci e ombre.
Sono passati 6 mesi da quando Tony Stark (Downey jr.), industriale miliardario, playboy e geniale inventore, ha rivelato al mondo di essere Iron Man. Decide quindi di rilanciare la Fiera Mondiale Stark Expo, creata da suo padre negli anni ’70 e dedicata alle innovazioni tecnologiche pensate per il bene dell’umanità. Iron Man, però, è diventato nel frattempo un personaggio di fama mondiale e Tony Stark si trova stretto nella tenaglia dell’esercito, che vorrebbe impadronirsi della tecnologia della sua armatura, e il governo statunitense, fomentato dal costruttore di armi senza scrupoli Justin Hammer (Rockwell), che non può accettare che un singolo uomo abbia a disposizione una potenziale arma di distruzione di massa. Come se non bastasse, Ivan Vanko (Rourke), fisico russo e pericoloso criminale, emerge dal passato della famiglia Stark intenzionato a distruggere Tony con la stessa tecnologia alla base dell’armatura di Iron Man. Stark avrà dalla sua la fedele Pepper Potts (Paltrow), il colonnello James “Rhodey” Rhodes (Cheadle), la misteriosa nuova assistente Natalie Rushman (Johansson) e l’imperscrutabile Nick Fury (Jackson), leader dello S.H.I.E.L.D., la potente organizzazione segreta di intelligence. Tutto questo mentre si rende conto che l’armatura che lo tiene in vita in realtà lo sta anche uccidendo.
“Iron Man 2” è un buon film di genere, con azioni spettacolari e una trama tutto sommato avvincente, che vira più sul registro della commedia rispetto all’episodio precedente, aiutato da un Downey jr. in grande forma e perfettamente a suo agio nel ruolo del playboy miliardario narciso e sicuro di sé e accompagnato da una buona colonna sonora che comprende anche brani storici degli inossidabili AC/DC. La pennellata psicologica non fa parte dell’armamentario di Favreau, e probabilmente nemmeno gli è stata richiesta. Tranne il mantenimento della geniale idea portante di tutto l’universo Marvel, partorita dal suo creatore Stan Lee: quella di supereroi con super problemi (l’Uomo Ragno è un adolescente orfano e “sfigato”, Hulk ha una doppia personalità incontrollabile, Devil è addirittura cieco, Tony Stark può sopravvivere solo grazie all’armatura di Iron Man, e così via). L’importante è costruire questi film come episodi di un progetto più grande (innumerevoli i riferimenti al futuro film “The Avengers”) più che come film a sé stanti. Il primo “Iron Man” ci aveva fatto sperare che il target dei comic-movies si fosse spostato un po’ più in alto dell’adolescente medio americano; questo fa un passo indietro. Inoltre, la creazione di una continuity ad hoc, più che (purtroppo!) il rispetto di quella originale e l’eccessiva semplificazione per concentrare 40 anni di fumetti nello spazio di alcuni lungometraggi rischiano di togliere fascino e spessore a personaggi ormai entrati nella cultura pop contemporanea. Ma è anche vero che la potenza dell’industria cinematografica fa presto a riscrivere la cultura pop e che queste, probabilmente, sono solo preoccupazioni filologiche di vecchi appassionati di fumetti.