Primo Maggio


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Il sindacato per il Primo Maggio

A Rosarno una giornata di grande impegno sociale contro lo sfruttamento e l’integrazione dei lavoratori stranieri. Intervista a Piero Soldini, responsabile Immigrazione Cgil g

Il primo maggio i sindacati confederali saranno a Rosarno per la festa del lavoro. Perchè?
Cgil, Cisl e Uil, stanno affrontando da tempo la tematica dell’ immigrazione in modo unitario, anche se poi ci sono differenziazioni su altri temi. L’idea di festeggiare il primo maggio a Rosarno ha anche il significato di una ripresa di rapporti unitari in un momento difficile e complicato delle relazioni sindacali. Rosarno perché ha rappresentato un momento drammatico per i diritti dei lavoratori nel nostro paese. La violenza nei confronti dei lavoratori immigrati ha spalancato all’opinione pubblica una situazione che per il sindacato era conosciuta e denunciata da tempo: lo sfruttamento al limite dello schiavismo nella Piana di Gioia Tauro nei confronti di lavoratori stagionali immigrati. Il tutto in una situazione di assenza totale delle istituzioni e quindi della capacità di accoglienza, di programmazione e quindi di controllo da parte dello Stato e delle sue istituzioni locali, con conseguente presa, su segmenti del mercato del lavoro ,da parte delle organizzazioni malavitose, della ‘ndrangheta, in quel territorio. Il significato dell’iniziativa è quello di un sindacato che vuole richiamare l’attenzione su queste tematiche e contemporaneamente chiamare alle responsabilità il governo centrale, gli enti locali e le stesse controparti datoriali. Non a caso dall’indagine dell’operazione “Migrantes”, (che ha preso le mosse dai fatti di Rosarno,di questi giorni, ha portato all’arresto di personaggi legati alla ‘ndrangheta, ma anche coinvolto alcune figure di caporali e imprenditori agricoli.

Servivano i fatti di Rosarno per arrivare a questo? Molte associazioni lamentano un’assenza delle istituzioni, delle associazioni di categoria, ma anche una scarsa presenza del sindacato. I fatti di Rosarno sono stati l’apice di un percorso che era sotto gli occhi di tutti già da anni.
Che si possa parlare di assenza di sindacato lo trovo ingeneroso, soprattutto nei confronti della Cgil, che sia a Rosarno ma anche nel Tavoliere Pugliese, in Campania,nella piana del Sele, nel Salernitano e nel Casertano, sta facendo da anni battaglie sull’emersione del lavoro nero, denunce che hanno portato anche a episodi di intimidazione nei confronti dei dirigenti del sindacato, attentati alle nostre Camere del Lavoro. Il sindacato si è impegnato in prima persona. Ma in un contesto come quello di Rosarno non basta la denuncia del sindacato. Serve una politica unitaria di tutti i soggetti impegnati nel controllo del territorio e in particolare ci vogliono strumenti e risorse che devono essere messi a disposizione dal governo centrale. Noi più volte abbiamo reclamato la necessità che ci sia uno strumento d’intervento che, oltre ad individuare la responsabilità delle aziende o dei caporali o delle organizzazioni malavitose, possa intervenire a salvaguardia e protezione delle vittime, cioè dei lavoratori migranti. L’estensione dell’articolo 18, l’applicazione di una direttiva europea che prevede la possibilità per gli immigrati sfruttati e che sono irregolari, di forme di protezione , come un permesso di soggiorno temporaneo. Su questo terreno non abbiamo mai avuto riscontri dal Governo centrale. I lavoratori immigrati irregolari a Rosarno sono stati cercati e cacciati dall’intervento della polizia dai luoghi dove vivevano in condizioni drammatiche (ex fabbrica Rognetta), ma non abbiamo mai visto l’intervento delle forze dell’ordine o delle autorità ispettive, nei luoghi di lavoro, nei campi, dove questi immigrati sono sfruttati. Lì avremmo trovato tanti immigrati irregolari, ma anche caporali e imprenditori che potevano essere assicurati alla giustizia. Invece si sono cercati solo nei luoghi dove alloggiavano. Nonostante i fatti di Rosarno siano stati così eclatanti, a distanza di alcuni mesi da quell’evento oggi a Rosarno ci sono ancora lavoratori immigrati abbandonati a se stessi e supersfruttati, di cui nessuno si occupa dal punto di vista dell’accoglienza e della garanzia dei diritti minimi dei lavoratori. Sono tutte situazioni conosciute, Rosarno, Cassibile in Sicilia, la Capitanata pugliese, il ghetto di San Nicola a Varco. Il sindacato fa quello che può ma per risolvere queste situazioni serve un intervento forte, deciso e convinto delle istituzioni, che deve essere anche un intervento equilibrato che individua le responsabilità degli sfruttatori, ma protegge anche le vittime. Se l’intervento reprime e penalizza solo le vittime produce solo danni.

Primo maggio per affermare il principio del rispetto di chi lavora spesso anche in situazioni di schiavitù, ma anche per ribadire il principio fondamentale dell’integrazione e dell’accoglienza?
Certo, noi pensiamo che in tutte le situazioni come Rosarno ci siano due necessità molto forti: avere strumenti legislativi a sostegno delle vittime, che mancano nella nostra legislazione, ma serve che in queste realtà anche il sistema degli enti locali insieme alle parti sociali ( in particolare le associazioni imprenditoriali) possano e sappiano programmare i flussi dei lavoratori stagionali. Nel 2010 un paese civile deve essere in grado di attrezzare strutture di accoglienza che possano garantire ai lavoratori, immigrati e non, che si recano in quel comprensorio per svolgere un’attività produttiva stagionale, di avere un luogo dignitoso dove dormire, mangiare, lavarsi, e di essere trattati dal punto di vista del salario e delle condizioni di lavoro così come prevedono i contratti, per uscire da questa condizione di semi schiavitù e di sfruttamento assolutamente intollerabile.