da New York Gerardo Greco
Nei giorni in cui Goldman Sachs viene messa sotto accusa per frode puo’ capitare, di fermarsi a mangiare al ristorante exchange, poco lontano da Wall Street. Sul menu’ c’e’ scritto “caffe’ del libero mercato”.
Seduti al bancone gli avventori, quasi tutti operatori finanziari, indaffarati anche a pranzo, leggono I giornali, la stampa specializzata che racconta la storia della grande stangata della Goldman e dei suoi guadagni miliardari, utili raddoppiati negli ultimi tre mesi. I quotidiani spiegano che il meccanismo finanziario messo in piedi da Goldman era molto sofisticato, ma il sistema vecchio come il cucco. Una frode bella e buona: tutto gia’ visto, tutto gia’ sentito da queste parti.
Intanto al bar di Wall Street, mentre si legge il quotidiano, basta ordinare un hamburger. Nulla di speciale, un normalissimo hamburger con patatine, a 10 dollari. Prezzi ragionevoli. Si ordina, si viene serviti con una certa rapidita’, e si chiede il conto. Qui si fa di corsa. Come diceva Gordon Gekko, nel film Wall Street, “il pranzo e’ per chi non ha niente da fare”. Solo che al momento del conto, scherzi del libero mercato, il prezzo dell’Hamburger e’ salito di 3 dollari: piu’ del 30% in 20 minuti.
Al caffe’ Exchange succede infatti che, come spiega il manager, il signor Levante, i piatti seguano la antica legge della domanda e dell’offerta. Esempio: se tutti prendono l’hamburger, il prezzo sale. Se nessuno prende il panino al pollo, il prezzo scende. E via cosi’ per le patatine, le cipolle fritte, il sandwich al salmon e 15 tipi diversi di birra. Esattamente come se fossero azioni dello Stock Exchange. Anzi, delle scritte luminose scorrono sulla parete e simulano un listino del Dow Jones che cambia ogni pochi minuti. Birra messicana 6 dollari e 50, coca cola 3 dollari, insalata della casa 10 dollari.
Insomma gli avventori si trasformano in investitori piu’ o meno affamati e alla fine del pasto il loro piatto puo’ costare di meno o di piu’, dipende da quanti altri avranno scelto le stesse vostre cose sul menu’, da quanta domanda e da quanta offerta. Al bancone i clienti sono tutto sommato incuriostiti e un po’ confusi dalla scoperta che nella capitale della finanza globale si speculi anche sulle patatine.
Il New York Times ha scritto che la storia di Goldman Sachs che vendeva prodotti finanziari che riflettono l’andamento del mercato e poi ci giocava contro non e’ molto diversa da quella degli allibratori che vendono scommesse magari su un brocco. Investire a Wall Street su questi prodotti “derivati” non era molto diverso dal giocare alla roulette, dal puntare al casino’. Dietro non c’e’ nulla. Non ci sono investimenti, fabbriche, produzione. C’e’ solo un gioco di scomesse, e nient’altro. Una ossessione. Non a caso anche ad Hollywood, tra poco, si potra’ investire (anzi puntare) sugli incassi dei film al botteghino. La sostanza non cambia.
E cosi’ anche al bar exchange, per non essere da meno, si scommette sul prezzo del piatto del giorno, a costo di mandarlo di traverso se al momento del conto e’ cresciuto troppo. Con la sola differenza che alla fine, in questo piccolo bar del libero mercato, qualcosa la metti comunque sotto i denti, mentre con i derivati del mercato immobiliare venduti poco lontano, alla Goldman Sachs, non ti restava in mano neanche un hamburger.