Ogni 24 aprile, le comunità armene di tutto il mondo commemorano le vittime della violenta repressione attuata all'epoca dell'ultimo Impero ottomano. Gli armeni vivevano in un'ampia fascia di territorio, compresa tra l'Anatolia sud-orientale (o Cilicia) e il Caucaso.
Le persecuzioni e i massacri dei primi del '900 hanno provocato la cosiddetta diaspora armena, una fuga verso i quattro angoli del mondo. L'unico riferimento certo è oggi la piccola repubblica d'Armenia, vissuta per 70 anni sotto la sfera comunista e assurta a unico baluardo del cristianesimo in un'area a prevalenza musulmana. Il dibattito sul ‘genocidio negato’ si è riacceso dopo che il Congresso degli Stati Uniti, poi il Parlamento svedese, hanno approvato una mozione che lo riconosce. La Turchia ha richiamato per qualche giorno i suoi ambasciatori a Washington e a Stoccolma, in segno di protesta.
Oltre a Svezia e Usa, il genocidio è stato riconosciuto da Italia, Francia (dove vivono 300mila armeni), Russia, Germania, Polonia, Lituania, Svizzera, Bulgaria, Cipro, Grecia, Belgio, Paesi Bassi, Slovacchia, Libano, Canada, Argentina, Cile, Uruguay e Vaticano, nonché dall'Onu fin dal 1985 e dall'Ue nel 1987.
Cristianizzata in tempi antichissimi, la popolazione armena si è vista stringere nei secoli, fino a chiudersi quasi completamente in un'enclave tra i monti I primi massacri furono compiuti su ordine del sultano Abdul Hamid II tra il 1893 e il 1896 quando, per punirne l'attività politica e contrastarne il crescente potere economico, vennero uccisi tra 200.000 e 300.000 armeni. Una seconda ondata di violenza giunse nel 1909, quando il movimento nazionalista dei Giovani turchi, che contrastò l'Impero, individuò un pericolo nella comunità armena e massacrò 30.000 per- sone in Cilicia. Con lo scoppio della prima guerra mondiale, l'Impero parte alla riconquista dell'Azerbaigian, caduto in mani russe. Gli armeni, accusati di sostenere i russi, sono un ostacolo evidente.
Il 24 aprile 1915 segna l'inizio dello sterminio della borghesia armena di Costantinopoli,cui seguirà la deportazione o l'eliminazione di migliaia di persone dalle città anatoliche e, finita la guerra, anche da Smirne, sull'Egeo. Le comunità armene calcolano che siano rimaste vittime del massacro circa 1,5 milioni di persone, e parlano di ‘genocidio’. La Turchia parla di ‘disordini civili’ e 300.000 morti di etnia armena.