Il velo islamico


Stampa

C'è velo e velo. Quello che divide l'Europa

La proposta di legge per la proibizione del velo integrale in Belgio riaccende il dibattito in Europa sulla pratica delle donne musulmane di coprire il capo o l’intero corpo in pubblico n

di Bianca Biancastri

La proposta di legge per la proibizione del velo integrale in Belgio riaccende il dibattito in Europa sulla pratica delle donne musulmane di coprire il capo o l’intero corpo in pubblico. Il burqa, l’abito afghano che lascia alla donna la sola possibilità di vedere il mondo attraverso una grata di stoffa, e il niqab, l’abito in uso in Arabia Saudita che lascia scoperti solo gli occhi, fanno paura in Europa dove sono ritenuti simboli di sottomissione e privazione delle libertà personali. Il problema, che pone in contraddizione libertà religiosa e libertà pubblica, non ha trovato una soluzione definitiva neanche in quei Paesi come la Francia dove il dibattito è in piedi da tempo ed è cominciato sull’uso dell’hijab , o velo semplice (un foulard che copre il capo e lascia scoperto il viso).

Diritto pubblico e necessità di separazione tra Stato e religione, sono gli ambiti in cui i Paesi occidentali trovano giustificazioni per il divieto del velo islamico, simbolo religioso che impedisce, nel caso sia integrale, l’identificazione delle persone. La legge del Belgio modifica infatti il codice penale per imporre un’ammenda a chi è in uno spazio pubblico con il volto coperto, del tutto o in parte, tanto che ne diventi impossibile l’identificazione.

In Francia intanto il governo ha annunciato la presentazione a maggio di una proposta di legge per il divieto totale del velo integrale in tutti i luoghi pubblici . Il Consiglio di Stato aveva escluso lo scorso 4 aprile l’ipotesi di un divieto generale e assoluto che “non avrebbe alcun fondamento giuridico”. “Il principio di laicità si impone alle istituzioni e ai dipendenti pubblici ma non alla società o agli individui, salvo eccezioni come le scuole”. Nemmeno la protezione della dignità della persona umana è un motivo valido per vietare il burqa perché sarebbe contro “il principio di autonomia personale”, avevano spiegato i rappresentanti del Consiglio di Stato francese.

In Danimarca, il governo ha deciso lo scorso gennaio di limitare il burqa o il niqab nei luoghi pubblici ma senza vietarlo, lasciando cioè alle scuole,alle amministrazioni o alle imprese l’onere di fissare regole.

Nessun divieto e nessun progetto di divieto in Gran Bretagna, dove è in atto tuttavia una campagna per la messa al bando del velo integrale.. Discussioni anche in Germania nell’ambito della comunità turca. Dal dicembre 2008 il dibattito è diventato più acceso in seguito all’autorizzazione a indossare il “burkini” (una sorta di coprente tuta utilizzata come un costume) in certe piscine di Berlino.

In Spagna non esiste una legge che regoli l’utilizzo del velo nei luoghi pubblici. Tuttavia ,di recente, un magistrato ha imposto a una testimone coperta da velo integrale di toglierselo in tribunale.

In Turchia la Corte Costituzionale ha deciso che l’abrogazione del divieto di indossare il velo islamico nelle università , promulgato nel febbraio 2008 dal partito di radici islamiche al governo Akp, è incostituzionale. Quindi il divieto del velo negli atenei resta in vigore. Del velo islamico si parla spesso come di una tradizione religiosa. Ma né il burqa né il niqab sono islamici, secondo Muhammad Sayyed Tantawi, rettore dell’università di Al Azhar del Cairo,una delle più famose nel mondo islamico, che nel dicembre 2009 ha detto che questi abiti sono dei segni tribali. Per la sociologa turca Tulay Umay, le donne islamiche indosserebbero sempre di più il velo non come simbolo religioso imposto ma come elemento di distinzione. Basandosi su una ricerca svolta tra le emigrate, Umay sostiene che le donne indossano il velo per sottolineare il legame con le proprie madri e la propria individualità e non come simbolo religioso.

Nelle boutique di lusso del Cairo o di Abu Dhabi, intanto, si vendono i veli griffati. Nel cuore d’Europa, a Parigi o a Berlino, le ragazze indossano i loro foulard cambiando ogni giorno colori e fantasie e stando attente allo stile dell’abito.