Da anni, Libera chiedeva l’istituzione di un’Agenzia nazionale per la gestione dei beni confiscati alle organizzazioni criminali. Ora, un decreto convertito in legge, ne ha deciso la nascita. Qual è il suo giudizio sul provvedimento, quali, se ci sono, i limiti e cosa potrebbe cambiare?
Mi auguro che l’Agenzia contribuisca a velocizzare e rendere più incisivo tutto il processo che va dal sequestro, alla destinazione, all’effettivo riutilizzo dei beni, in particolare risolvendo le situazioni difficili: quel 30% di proprietà ancora abusivamente occupate, il 36% sottoposto a ipoteche bancarie e tutte le altre bloccate da vincoli di vario tipo. Questo purché disponga di strumenti e risorse adeguate, e di sedi operative su tutto il territorio nazionale, perché i beni confiscati sono numerosi anche al centro-nord.
La legge introduce delle novità anche per quanto riguarda la vendita dei beni sequestrati alla criminalità, tema sul quale Libera nei mesi scorsi ha sottolineato la pericolosità, per il rischio che i beni possano tornare nuovamente nelle mani delle mafie. Come le valuta?
Si tratta di novità indubbiamente positive. Primo perché affermano chiaramente che alla vendita va preferita in generale la strada del riutilizzo sociale. Poi perché aboliscono gli stretti limiti temporali oltre i quali, se non destinati, i beni dovevano essere per forza messi all’asta. Le nuove procedure introdotte hanno inoltre il doppio vantaggio di aumentare le possibilità di acquisto da parte di soggetti pubblici e no-profit e di diminuire il rischio di potenziali infiltrazioni mafiose. Infine, è scongiurato il pericolo di “svendita” dei beni, la cui base d’asta non potrà essere inferiore all’80% del valore stimato.
I tempi che vanno dal sequestro all’utilizzo dei beni, quando il percorso riesce a compiersi completamente, sono molto lunghi,superano anche i dieci anni. Quali sono a suo avviso le misure che potrebbero accelerare l’iter?
Come ho accennato, ad allungare i tempi sono cause diverse, e in tanti potrebbero contribuire a superarle con un gesto di responsabilità, a partire dalle banche. Poi certo il ruolo di coordinamento svolto dall’Agenzia sarà di grande aiuto, soprattutto se saprà avvalersi anche di competenze tecnico-economiche per selezionare e attuare con prontezza i progetti di riconversione dei beni. Infine resta prioritaria l’esigenza di un testo legislativo unico sulla confisca – per altro fra i 10 punti annunciati dal Governo in materia di antimafia – perché alla ristrutturazione realizzata con l’Agenzia serve un complemento sul piano normativo.
Più arresti e più sequestri di beni. Ci sono altre strade da percorrere, mi riferisco a interventi normativi, culturali, educativi, politici, da mettere in campo per un contrasto più efficace alla criminalità organizzata?
Certamente. Non possiamo pensare che la lotta al crimine organizzato sia un compito solo dei magistrati e delle forze di polizia. È una responsabilità che ci chiama in causa tutti: dalla politica all’economia, dal mondo della scuola e dell’informazione fino ai singoli cittadini. Servono percorsi educativi per estirpare le radici culturali del crimine, servono politiche sociali che garantiscano i diritti e l’occupazione, e serve anche maggiore etica nei comportamenti individuali, perché le mafie si nutrono dell’illegalità diffusa, delle piccole e grandi corruzioni, della tendenza a privilegiare l’interesse privato a scapito di quello pubblico.