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A Catania la griffe del tarocco

Sequestrati oltre 11 milioni di pezzi 'taroccati' per un valore di decine di milioni di euro laser_cinesi_296

A prima vista è un enorme mercato a cielo aperto dove aromi, profumi e colori si fondono in un perfetto mix di culture e tradizioni. E’ il quartiere San Berillo, una delle zone più vecchie di Catania, vicino piazza Carlo Alberto. E’ un susseguirsi di bancarelle, negozietti, prodotti. Di tutti i generi e per tutte le tasche. A guardarlo bene, invece, è il centro nevralgico dei prodotti “taroccati”. Un fenomeno che negli ultimi anni ha assunto dimensioni preoccupanti alle quali ogni giorno si contrappone il lavoro della Guardia di Finanza.

Un’unità scelta da mesi porta avanti indagini, controlli, ispezioni. Come quella di oggi. Un’auto delle Fiamme Gialle si aggira tra i vicoletti affollati del quartiere. La gente sembra non accorgersene, ma occhi e orecchie sono ben attenti. La pattuglia si ferma davanti a un negozietto apparentemente uguale a tanti altri. Nessuna scritta strana né evidenti “campanelli d’allarme”. I finanzieri scendono dall’auto e si dirigono all’interno dell’esercizio commerciale. Si trovano di fronte a quella che sembra la proprietaria. Una ragazza cinese che “mastica” poco e male l’italiano.

Si presentano e iniziano i controlli. Si intrufolano negli angoli nascosti del negozio, frugano tra la merce esposta. Chiedono alla signora di visionare le bolle di acquisto della merce e le relative fatture. Impacciata e sorpresa la titolare continua a ripetere che è “tutto a posto”. Anche lei, come altri commercianti “visitati” dalle Fiamme Gialle dice che la merce è solo quella esposta, non ci sono depositi né cartoni nascosti. Un finanziere si aggira tra le carte di un improvvisato ufficio. Apre i cassetti della scrivania, esamina ogni angolo. All’improvviso si imbatte in un mazzo di chiavi. E questo? Secondo la proprietaria sono quelle di casa. Difficile crederle.

Altri finanzieri si inerpicano su una scala di legno che da un altro piano. E’ angusta e piena di scatoloni. Salire è difficile anche per i più allenati. Alla fine dei gradini si scorgono cartoni ammassati apparentemente senza cura. I finanzieri iniziano a rovistare. Un altro collega esce dal negozietto e controlla decine di porte vicine. Dopo una mezz’oretta arriva la scoperta. Un deposito all’interno del quale sono stati occultati migliaia di “tarocchi”.

Si tratta di cinture di pelle, orologi, borse, maglie. Apparentemente sembra merce qualunque, di bassa qualità ma senza alcuna illegalità. Tra i cartoni, però, si nasconde l’insidia. Vi sono targhette “griffate” da apporre sulla merce e marchi da inserire per la vendita. Questa è l’illegalità. Migliaia di cinture di apparente pelle riportano un marchio assolutamente sconosciuto. Due cerchi che si intersecano. Nulla di strano. Un finanziere prende la fibbia e scorge “il segreto”. Con una pinza toglie un pezzo del cerchio, poi l’altro. Esce finalmente la griffe: si tratta della “C” di una nota multinazionale. Di pezzi così ce ne sono a migliaia. Saranno immessi nel mercato siciliano con un danno erariale senza paragone. Alla fine scattano i sigilli al negozietto e al deposito. Per la signora inizia “il confronto” con la giustizia.

In tre anni di attività contro la contraffazione, il Comando provinciale della Guardia di Finanza ha sequestrato oltre 11 milioni di pezzi “taroccati” per un valore di decine di milioni di euro. Un’attività sviluppata dal generale Ignazio Gibilaro secondo le decisioni assunte dal Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica. Nel 2008 il fenomeno sembrava apparentemente uguale a quello di tante altre città italiane.

A ben guardarlo, invece, nascondeva un’escalation preoccupante. Per questi motivi il lavoro delle Fiamme Gialle ha visto la nascita di un “pool investigativo” in grado di sgominare il fenomeno. La contraffazione nel Catanese interessa oltre il 50% dei prodotti commercializzati. I “tarocchi” arrivano anche nei negozi dove sarebbe inimmaginabile trovare articoli artefatti.

L’attività degli uomini guidati dal generale Gibilaro si estendono a tutte le vie di comunicazione da dove arriva la merce contraffatta, con particolare attenzione al porto di Catania. Vi è poi un’intensissima attività di investigazione con banche dati italiane e straniere. Il fenomeno negli ultimi anni ha assunto proporzioni allarmanti e ha visto anche una inesorabile professionalizzazione da parte di organizzazioni criminali specializzate nel ramo. Qualche anno fa gli oggetti taroccati erano immessi nel mercato senza un’adeguata preparazione e con molto improvvisazione. Oggi, a guardare bene la merce sequestrata, si è di fronte a un’industria del malaffare che non lascia nulla al caso. Targhette all’apparenza “innocenti” che nascondo nel retro la marca del momento, simboli che con l’ausilio di una pinza diventano la griffe più ricercata. La contraffazione non risparmia nessun oggetto.

Si va dalla pelletteria, agli accessori, ai profumi fino ad arrivare a farmaci e giocattoli. Questi ultimi molto pericolosi per la salute dei consumatori. L’ultimo carico destinato alla vendita in Sicilia sequestrato dal Comando provinciale di Catania riguarda dei puntatori laser. Oggetti che all’apparenza sembrano giocattoli ma che nascondono insidie enormi. Raggiungono oltre due chilometri di azione. Se puntati contro aerei, elicotteri o usati negli stadi contro i calciatori possono accecare e dare problemi seri. Anche questi provenienti dalla Cina. Per non parlare di prodotti alimentari. In questo caso non vi è solo un problema fiscale e di diritto d’autore. L’insidia riguarda la salute. Anche per questi motivi il “pool investigativo” catanese continua senza sosta il suo lavoro, avendo sempre presente i pericoli in agguato per gli ignari consumatori.

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(Materiali stampa, foto e video forniti dal luogotenente Franco Ferranti)