La Legge 40


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Si rischia il 'riduzionismo antropologico'

Intervista a Lucio Romano, ginecologo, presidente dell’associazione cattolica “Scienza e Vita” e vicepresidente del Movimento per la Vita italiano. E’ anche docente di bioetica presso l’Università cattolica di Potenza e presso l’Ateneo pontificio Regina Apostolorum v

La sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo potrebbe aprire anche in Italia la strada alla fecondazione eterologa?
La sentenza non coinvolge l’Italia. E’ una sentenza che è mirata ad un’istanza partita dall’Austria. Nel vietare il ricorso alle tecniche di procreazione eterologa nella Legge 40 vi è una ratio non solo di ordine giuridico ma anche etico, organizzativo sociale e familiare.

In che senso?
La donazione di ovociti o spermatozoi prefigura uno sconvolgimento nell’assetto familiare e un alterazione del rapporto di genitorialità. Si va a costituire la cosiddetta “famiglia riproduttiva”, con una “cooperativa di genitori”. una sorta di plurigenitorialità con una grave lesione al diritto del concepito di essere, dopo la nascita, a conoscenza della propria identità, non solo di ordine genetico e biologico, ma anche di ordine parentale.

Scienza e Vita ha parlato di riduzionismo antropologico. Cosa significa?
Significa la dimensione di un figlio che da soggetto unico diventa un oggetto, da raggiungere in qualunque modo,anche ricorrendo a donatori e a donatrici. E’ sufficiente la semplice volontà,l’autodeterminazione, perché tutto ciò che potrebbe sembrare un abuso si trasformi in termini di diritto. E quindi il diritto si trasforma in ingiustizia.

La Corte dice che in questo modo si eliminano le discriminazioni per le coppie
Se esistono discriminazioni tra le coppie bisogna dire che esiste un discriminazione per il figlio nei confronti del quale credo ci debba essere identità certa, sia sotto il profilo genetico e biologico, sia sotto il profilo sociale. Il problema si pone, in altri stati, dove la dimensione della genitorialità così interpretata, ha creato grossissimi problemi. I donatori vogliono tutelarsi con l’anonimato, per tutte le conseguenze di ordine psicologico, di ordine affettivo, di ordine relazionale, di ordine costitutivo a livello familiare che ne potrebbero derivare. Altro aspetto è la commercializzazione della vita, perché la dimensione cosiddetta oblativa samaritana del donare il seme o l’ovocita, non corrisponde alla realtà. Basta consultare i vari siti internet per vedere che c’è un prezzario che può variare da una nazione all’altra, da un donatore all’altro,vale a dire un costo, un acquisto,un esborso di ordine economico:si vende il seme e si vendono gli ovociti.

La sentenza della Corte Costituzionale dell’aprile 2009 ha dato adito a diverse interpretazioni. Quali sono secondo lei i punti nodali della Legge 40 che sono stati traditi dalla sentenza?
C’è stata una cattiva interpretazione della Legge 40, che in maniera inequivocabilmente chiara richiamava come dovessero essere al massimo tre gli embrioni da trasferire, ma questo non significava che c’è l’obbligatorietà di introdurne 3. In ragione dell’età della donna si può modulare l’esigenza di produrre da uno a un massimo di tre embrioni. Da qui è nata una querelle che ha portato la Corte Costituzionale ad esprimersi in termini che il numero degli embrioni deve essere trasferito anche in ragione della salute della donna. Ma la stessa Legge 40 contemplava che, quando le condizioni salutari della donna non lo permettessero,in via del tutto eccezionale si poteva rimandare il trasferimento degli embrioni quando possibile, attraverso un procedimento di conservazione. L’altro equivoco che è sorto dopo la sentenza della Consulta, è che in Italia qualcuno ritiene che si sia introdotta la diagnosi genetica preimpianto. Non è assolutamente vero. La diagnosi genetica preimpianto non è stata minimamente toccata dalla sentenza.

Quali sono i principi fondamentali della Legge 40?
Bisogna leggerla in una visione di equilibrio tra quelle che sono le esigenze e le aspettative di paternità e maternità, di aiuto alla coppia, ma anche mantenere principi intangibili quali il riconoscimento dei diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito, come chiaramente riportato dall’art.1,comma1 della Legge. Se non si leggono questi aspetti l’interpretazione della Legge 40 potrebbe essere estremamente fuorviante. Non se ne leggerebbe il vero significato di ordine etico, di apertura alla coppia perchè possa avere una gravidanza, rispettando delle norme e dei principi che non erano rispettati prima della Legge 40. Basta consultare tutti i report antecedenti al 2004 per vedere situazioni di trasferimento di un numero rilevantissimo di embrioni, con la selezione di embrioni in utero (riduzione embrionale), vale a dire embrioni prodotti e trasferiti per eccesso, e poi soppressi in quanto se ne erano annidati in numero rilevante.

Quello che è stato definito il far west procreativo?
Esattamente. La Legge 40 va a normare una situazione di grandi abusi che avvenivano prima del 2004, con attenzione a quelli che sono gli sviluppi della ricerca, ma che servono a evidenziare come la bontà della legge si inquadri nell’equilibrio tra quelle che sono le esigenze e le aspettative di una coppia sterile ad avere un figlio e dall’altro quelli che sono i diritti dei soggetti coinvolti, e non solo il concepito, ma anche la salute della donna che con la Legge 40 è ampiamente tutelata. Con la Legge le iperstimolazioni ovariche si sono ridotte drasticamente nel senso di impassività delle stesse, non si somministrano molti ormoni,la stimolazione è molto più blanda ottenendo un numero di ovociti inferiore ma di qualità molto più elevata.

La sentenza di Salerno sancisce la possibilità per una coppia fertile, portatrice di grave malattia genetica, ad aver accesso alla selezione genetica preimpianto
Del tutto incostituzionale perché dà la possibilità di ricorrere a una diagnosi genetica preimpianto con una selezione. Questo tipo di tecnica è proibita dalla Legge 40 e non c’è stata alcuna cancellazione della norma, inoltre per ricorrere a una diagnosi genetica preimpianto bisogna produrre un numero rilevante di embrioni, almeno 8, su cui praticare la diagnosi stessa. Tra questi ci possono essere anche degli embrioni sani che con la tecnica stessa verranno soppressi. E’ una tecnica invasiva, che può portare alla morte dell’embrione E’ anche una tecnica eugenetica, perché selezionando gli embrioni che si ritengono idonei arriviamo a valutazioni preordinate di qualità di vita che porteranno una selezione raffinatissima di quelli che sono i soggetti che potrebbero venire alla luce.