Già autrice dei ricorsi che hanno portato alla clamorosa sentenza della Consulta del 2009 (che ha cancellato alcuni dei divieti più severi della Legge 40 sulla Procreazione medicalmente assistita), l'avv. Maria Paola Costantini presenterà i ricorsi di un gruppo di coppie affette da diverse patologie, che chiedono di poter effettuare la fecondazione eterologa, unica speranza per alcune forme di sterilità, di malattie genetiche o ereditarie.
Qual è in Italia il peso della sentenza della Corte di Strasburgo contro la legge austriaca che impone il divieto di fecondazione eterologa?
L’Italia dal momento della costituzione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo è una dei firmatari della Convenzione e quindi è soggetta alle sentenze della corte e alle norme che provengono da quest’ambito europeo. Sono 41 i Paesi firmatari. Si deve quindi sottomettere alle procedure e alle sentenze. Sulla base dell’art.117 della Costituzione Italiana i diritti e la giurisprudenza della Corte dei Diritti dell’Uomo sono parte dell’Ordinamento del nostro paese. Quando la Corte invita gli stati ad adempiere o a integrarsi in questo sistema europeo, l’Italia è tenuta a farlo. Questa sentenza è apparentemente solo nei confronti dell’Austria. In realtà nel testo c’è l’invito agli stati firmatari di adottare legislazioni che siano non di divieto assoluto, ma che regolamentino la materia. Dunque il peso di questa sentenza in Italia è che diventa un riferimento per la Corte Costituzionale laddove un caso analogo pervenisse alla suprema Corte.
Dal punto di vista giuridico e legislativo questo cosa comporta in Italia?
Potrebbe aprire un’azione da parte del Parlamento italiano a rimodulare la legge 40 che disciplina la materia. Sono gli stessi parlamentari che potrebbero cercare di capire come da un divieto assoluto, si possa arrivare almeno a circoscrivere alcune situazioni e a tutelare quelle situazioni. L’altra strada è quella della Corte Costituzionale che è l’unico organo in Italia che ha la facoltà di annullare o modificare alcune norme, e l’accesso alla Consulta avviene solo attraverso il ricorso al giudice ordinario che deve fare due verifiche: quella della fondatezza della richiesta dell’eccezione di incostituzionalità e quella della rilevanza nel caso specifico. Se arrivasse un ricorso da parte di una coppia italiana anche alla luce della sentenza di Strasburgo, il giudice siccome non può decidere il rispetto alla convenzione e alle sentenze della Corte Europea, dovrebbe rinviare alla Corte Costituzionale che dovrebbe valutare la corrispondenza della legge italiana non solo rispetto ai principi costituzionali italiani, ma anche rispetto ai principi della giurisprudenza della Corte Europea.
Voi avete già preparato dei ricorsi?
Sì, noi abbiamo preparato una serie di ricorsi che saranno presentati in tutta Italia. Siamo un gruppo di associazioni (Associazione di coppie infertili, Associazioni che tutelano i diritti del malato), e sono ricorsi promossi da alcune coppie che chiedono che la legge venga modificata proprio su questo punto, dando la possibilità a loro, che hanno tutte problematiche serie, di accedere alla fecondazione in vitro e in particolare alla donazione di un gamete.
Quale sarà il primo ricorso?
Sarà a Bologna e riguarda un problema del partner maschile, legato a una sindrome genetica che rende sterili, In Italia la Legge 40 vieta in modo assoluto la donazione dei gameti.
Siamo l’unico Paese in Europa?
Noi, insieme alla Lituania e alla Turchia siamo l’unico paese in cui la fecondazione eterologa è bandita in modo totale. Tutti gli altri paesi hanno legislazioni che prevedono o le donazioni delle uova, o del seme maschile, distinguono tra le coppie, comunque regolamentano la materia e sono legislazioni molto articolate.
Non c’è il rischio in questo Paese che si ottenga tutto per ricorso?
E’ già successo un anno fa dopo la sentenza della Corte costituzionale del 2009 che ha cambiato la Legge 40 nelle parti che vietavano la diagnosi genetica e obbligavano all’impianto contemporaneo di tre embrioni, a prescindere dalle condizioni cliniche del singolo caso. Se un parlamento rinuncia alla propria funzione di ascoltare parte della propria comunità di riferimento, la via giudiziaria è l’unica possibile. La questione della infertilità e della sterilità è sempre più diffusa e ha bisogno di una regolamentazione. Il diritto di ricorrere davanti ai giudici è uno dei diritti fondamentale del cittadino. Se ci fosse un parlamento più sensibile a questi temi, meno schierato da una parte e dall’altra,un po’ più concreto, si potrebbe trovare una soluzione che sia di mediazione, che sia saggia e ragionevole, e che tuteli almeno una parte di queste situazioni.
A febbraio una sentenza del Tribunale di Salerno per la prima volta in Italia, autorizza una coppia fertile, portatrice di una grave malattia ereditaria, ad accedere alla procreazione assistita e alla diagnosi reimpianto per eliminare gli embrioni “non sani”. Questa sentenza fa giurisdizione? Può essere citate come precedente?
In Italia non esiste la questione dei precedenti. Ogni sentenza di un giudice ordinario, fa stato soltanto fra le parti. Certo è che diventa riferimento anche per la giurisprudenza successiva.
Però per le coppie fertili la Legge 40 non prevede la diagnosi preimpianto...
Per le coppie fertili la Legge non prevede la procedura della fecondazione assistita, perché è limitata solo alle coppie con infertilità o sterilità accertata. Siccome la diagnosi preimpianto ha bisogno della fecondazione assistita perché bisogna produrre l’embrione in laboratorio, di fatto non c’è la possibilità d’accesso dal punto di vista legale.
Perché il giudice di Salerno ha ritenuto ammissibile la diagnosi preimpianto?
Sulla base di un’evidente discriminazione . Di fronte a una coppia che è fertile, ma che ha un grave problema genetico, ci sarebbe una discriminazione con le coppie infertili che possono farla.
Qual è la strada che si percorre oggi in Italia?
Dopo la sentenza della Corte Costituzionale del 2009 la questione dei tre embrioni è risolta e tutte le donne possono accedere con le stesse tecniche che si fanno in Europa, a una fecondazione assistita più sicura e senza rischi. Rimane il problema della diagnosi preimpianto per le coppie fertili e rimane il problema della donazione dei gameti. Questi sono i due motivi per cui si continua ad andare in Europa. I casi di utero in affitto in Italia sono limitatissimi.
Qualcuno paventa il rischio di un far west della provetta?
No. Se la Corte Costituzionale si pronunciasse per reinserire la donazione dei gameti, basterebbe fare una regolamentazione molto serrata, come accade in Inghilterra e in Francia. Il far west si verifica in assenza di regole e quando si fa finta che un fenomeno non esiste. Tutte le coppie che vanno all’estero, per ragioni di costi vanno nell’est europeo dove ‘c’è vero far west e lo sfruttamento della donna.