Provate a cercare su internet la frase “sagra del baccalà”. Vi ritroverete con centocinquantamila risultati. Il baccalà attraversa l’Italia da nord a sud, da est a ovest. Sagre, feste e fiere in tutte le stagioni. Anche (forse soprattutto) in primavera. Principali consumatori mondiali di baccalà, gli italiani hanno i loro record nazionali di consumo nel Triveneto e in Campania. Ma il baccalà è pietanza popolarissima ovunque, capitale compresa (Roma lo esalta in più di una ricetta).
Quello che segue è dunque un vero e proprio omaggio al baccalà, una vera e propria raccolta di ricette da conservare, con un suggerimento enologico ricetta per ricetta, anche perché il baccalà (per il suo sapore deciso, per la presenza di spezie e condimenti) è un piatto assai impegnativo nella ricerca degli abbinamenti del vino (in questo caso, ci viene incontro il prezioso consiglio dell’Associazione Italiana Sommelier).
Il nostro viaggio in quaranta ricette farà tappa anche fuori dai confini nazionali. In coda alle ricette tricolore troverete cenni anche a piatti-culto di altri paesi, dal Fish and Chips anglosassone al Bakaliaros greco, dallo Stokafi monegasco ai 366 piatti (uno per ogni giorno dell’anno!) della grande tradizione portoghese del Bacalhau.
■ Baccalà alla livornese
Rosadele 2007 / Tenuta Vitereta (Toscana)
Si prepara col vero baccalà sotto sale, ammollato, dissalato e tagliato in pezzi regolari, da friggere e ripassare in salsa agliata di pomodoro guarnendo con prezzemolo. Rosato caldo, da Sangiovese e Cabernet Sauvignon in parti uguali, con giudizioso passaggio in rovere. Struttura e alcol tengono testa al piatto e ne detergono l’untuosità.
■ Baccalà alla vicentina
Breg 2000 / Gravner (Friuli Venezia Giulia)
Vuole lo stoccafisso Ragno, battuto e ammollato 3 giorni, tagliato in quadrati regolari da infarinare e cuocere lentamente in un coccio o pirofila con soffritto di cipolle, acciughe e prezzemolo, il tutto ricoperto di latte, grana grattugiato, olio e pepe. I pezzi livellati non si mescolano mai, ma il recipiente va scosso ogni tanto in senso rotatorio, lasciando"pipare" a fuoco dolce per almeno 4 ore. Accompagnare con polenta. Bianco mitico del Collio, monumentale e sublime, quintessenza del terroir e del Gravner-pensiero.
■ Baccalà alla napoletana
Pietraincatenata 2004 / Luigi Maffini (Campania)
Infarinato e fritto, il baccalà è insaporito da pomodoro in guazzetto con aglio, capperi, olive di Gaeta, prezzemolo e origano. Bianco cilentano da Fiano, pieno e ricco di profumi mediterranei, spiccatamente minerale, caldo e morbido abbastanza da compensare sapidità, lieve amarognolo e tendenza acida del piatto.
■ Brandacujun
Brut Rosé Faiv 2001 / Ca’ du Russ (Piemonte)
Vuol dire“giralo, sciocco!” e in effetti il recipiente incoperchiato va tramenato a lungo e in continuazione, fino a mantecatura di stoccafisso e patate conditi con extravergine, aglio, prezzemolo e pepe. Brandaminchan è l’equivalente nizzardo. Rosé metodo classico da Nebbiolo, fragrante e aristocratico, atto a compensare con stimolante freschezza la tendenza dolce del piatto.
■ Stocchefisce genovese
Colli Tortonesi Derthona 2001 / La Colombera (Piemonte)
La Superba vanta numerose preparazioni di “stocche” boggïo (bollito), ä mainesca (alla marinaresca) in buridda, alla sanremese. Il vero stocchefisce accomodôu ä Zeneize è “accomodato” con patate, uvetta, pinoli, e pomodoro, previa rosolatura in coccio con olio e aglio. Bianco di grande personalità da Timorasso, morbido e fresco, con lungo strascico agrumato e minerale, prodotto dalla famiglia Semino in quello che fu il cosiddetto Genovesato d’oltregiogo, oggi Tortonese.
■ Stoccafisso a buridda
Rosasenzaspine 2007 / Belisario (Marche)
“Un’antologia marina e terrestre”, questa è la buridda a tocchetti di ascendenza araba, una tantum senza patate né olive, ma con funghi, pinoli e dadolata di verdure con pomodoro. Sangiovese in bianco per la base e Merlot per rosare: così nasce, in alta Vallesina, un rosato tutto fragranze floreali e giardino mediterraneo, fresco, agile e sapido, perfettamente rispondente al piatto.
■ Friscieu de baccalà
Metodo Classico 2002 / Lini 1910 (Emilia Romagna)
A Genova è ben chiara la distinzione fra “stocche” e baccalà, e la ricetta vuole quest’ultimo. Con farina, acqua tiepida e un cucchiaio di extravergine si prepara una pastella e vi si immergono i pezzetti di baccalà preventivamente dissalato e ammollato. Le frittelle (friscieu) si immergono in olio ben caldo, servendo subito. Metodo classico d’alta scuola da Pinot Nero, fragrante di lieviti e di piccoli frutti, fresco, stimolante, solidamente strutturato, di adeguata persistenza.
■ Baccalà alla fiorentina
Anno 0 2006 / Camperchi (Toscana)
Tradizionale piatto di magro del venerdì. Il baccalà, dissalato tagliato a rettangoli e infarinato, è soffritto in olio assieme a aglio e salvia (o rosmarino). Tolto dalla padella, è lasciato insaporire in un secondo recipiente con un sughino denso di pomodoro e rifinito a crudo con un giro di extravergine. Accompagnato da “fettunta”, fa matrimonio d’amore con un debuttante della Valdichiana da Sangiovese e piccolo saldo di Merlot. Da quest’anno il nome cambierà in Pietraviva, lo produce la famiglia Cartillone, originaria del Brasile.
■ Baccalà alla cappuccina
Trebbiano Spoletino 2006 / Novelli (Umbria)
Il baccalà a pezzi è infarinato e soffritto in un tegame con burro, cipolle a fettine, filetti d'acciuga, alloro, uvetta, pinoli, cannella e noce moscata. Incoperchiato a fuoco basso, si tira a cottura con un po’ d’acqua o brodo vegetale, fino a farli assorbire. Si rifinisce in forno medio, spolverando di pangrattato fino a doratura. Il più noto dei piatti “conventuali” a base di stoccafisso si abbina bene a un bianco della mistica Umbria, da vecchi cloni di Trebbiano recuperati e propagati dal Gruppo Novelli, corposo e profumato abbastanza da tener testa alla saporita pietanza.
■ Baccalà alla trevigiana
Raboso 2006 / Anna Spinato (Veneto)
In un recipiente di terracotta si dispone lo stoccafisso a pezzi su un letto di cipolla a fettine, lasciando dorare nel burro a fuoco dolce. Dopo aver ricoperto di latte, si incoperchia e si fa cuocere ancora per almeno tre ore, senza mai rimestare, aggiungendo se del caso ancora latte. Si rifinisce in forno ben caldo, irrorando di extravergine e spolverizzando di parmigiano. Accompagnare con polenta. Il rosso-bandiera del Basso Piave ha carica fruttata da vendere, giusta struttura, viva acidità, virtù decappanti e detergenti sia nei confronti dell’untuosità che della grassezza.
■ Baccalà all’anconetana
Verdicchio dei Castelli di Jesi Riserva Vigna delle Oche 2004 / Fattoria San Lorenzo (Marche)
Per gli anconetani, un vero e proprio rito, tanto che numerose trattorie offrono il take-away (provare “Gino” alla stazione ferroviaria). Si distingue per la preparazione a strati, in casseruola con una griglia sul fondo per non far attaccare lo stoccafisso (la pelle va verso il basso). Fra strato e strato si insaporisce con un soffritto di sedano, carota, prezzemolo, rosmarino, cipolla, aglio e peperoncino, ultimando con patate tagliate a rondelle irrorate con olio e un bicchiere di buon Verdicchio. Il tutto va lasciato cuocere senza mai rimescolare per 2-3 ore, lasciando riposare ancora un poco prima di servire. Verdicchio-cult prodotto da Natalino Crognaletti, pieno e avvolgente, agrumato, di sbalorditiva persistenza sfumata di mandorla minerale.
■ Stoccafisso alla siciliana
Grillo 2006 / Diecigrani (Sicilia)
Rispetto alla “stocco” alla ghiotta o alla messinese è ricetta più immediata, con patate, olive, capperi, pinoli, uvetta, il tutto fatto insaporire a lungo con pomodoro nel tegame di terracotta. Bianco corposo fresco e sapido, con bel bagaglio aromatico di ginestra, frutta estiva, agrumi, vegetale di macchia.
■ Baccalà con piselli
1670 / Principe Pallavicini (Lazio)
La spiccata tendenza dolce di piselli novelli e cipolla ingentilisce il sale del “San Giovanni”. Ne risulta un piatto equilibrato e non aggressivo, tanto più morbido e delicato se si avrà cura di mantenere la fiamma al minimo e bagnare ogni tanto con vino bianco e brodo vegetale. Bianco aristocratico da Malvasia puntinata e Semillon, circonfuso d’agrumi, glicine, lavanda, muschio e lieve fumé.
■ Baccalà in guazzetto
Montepulciano d’Abruzzo Cerasuolo Meridie 2007 / Villa Bizzarri (Abruzzo)
Ricetta tipica del Teramano, prevede pochi e semplici ingredienti: cipolla, sedano, poco pomodoro, patate da cuocere a spicchi assieme al baccalà a pezzettoni, già ammollato e spinato. Da accompagnare con un fresco e gagliardo rosato del medesimo territorio, profumato e sapido, di adeguata persistenza.
■ Baccalà con peperoni
Savuto Vigna Colle Barabba 2006 / Colacino (Calabria)
La tradizione calabro-lucana vorrebbe il “mussillo” e i peperoni “cruschi” essiccati, ma il risultato è ottimo anche con i peperoni estivi, che con la loro tendenza dolce compensano il salato del pesce, con cui gareggiano in persistenza aromatica. Senza asperità tanniche, insinuante e saporoso, il rosso da Arvino, Greco Nero e altre locali sostiene ed esalta i profumi del piatto ripulendo a perfezione dall’untuosità, invitando così a reiterare sorsi e bocconi.
■ Baccalà fritto alla romana
Est!est!!est!!!! Scelta Vendemmiale 2007 / Vittorio Puri (Lazio)
Da consumare caldissimo, beandosi della nuvola di profumo che emana, assaporando il contrasto fra pastella croccante e dorata e interno bianco e morbido del “San Giovanni”, un’altalena di tendenza dolce e sensazioni sapide. Da vecchie vigne di Procanico, Rossetta e Malvasia un bianco di gran carattere, figlio del tufo bolsenese e dell’irraggiamento moltiplicato dal lago, in grado di sostenere senza tentennamenti persistenza gustolfattiva, succulenza e sapidità di uno tra i capisaldi della sostanziosa cucina quirite.
■ Baccalà al latte
Terre di Chieti Vellodoro 2007 / Umani Ronchi (Marche)
Ricetta tradizionale, ripresa da Igles Corelli. Il baccalà rinvenuto, spellato, spinato e tagliato a pezzi va fatto sobbollire nel latte per almeno mezz’ora. Concentrare a salsetta il fondo di cottura, adagiarvi sopra il baccalà, condire con limone e guarnire con prezzemolo tritato fine. Bianco fresco e sapido da Pecorino in purezza, profumato di agrumi ed erbe campestri.
■ Baccalà con pinoli e uvetta
Collesanti 2006 / Marco Carpineti (Lazio)
Ricetta detta “alla romana”, in realtà presente in tutto il centro-sud. I tranci spellati e puliti si fanno dorare leggermente e poi si completa la cottura con sultanina, pinoli e intingolo di pomodoro, allungando, se necessario, con brodo vegetale. Ottimo l’equilibrio del bianco in abbinamento, con alcolicità e morbidezza a bilanciare la sinergia acido-sapida. L’uva, a Cori e dintorni nota come Arciprete, è in realtà un biotipo di Bellone, qui a conduzione biologica.
■ Baccalà al gratin
Bellone 2007 / I Pampini (Lazio)
Dopo una prima rosolatura con aglio e cipolla, la teglia coi trancetti di baccalà ricoperti di latte passa in forno per almeno due ore, fino a quando il latte non è assorbito. Il tutto è ricoperto di salsetta d'acciughe, prezzemolo tritato e parmigiano grattugiato e rifinito fino a quando si forma la caratteristica crosticina dorata. Un’altra versione campana di “graté” vuole invece patate, capperi, pecorino e pangrattato. Su entrambi, un bianco da Bellone a due passi dal litorale laziale, fresco, fruttato e sapido, con un tocco di erbe aromatiche che rimanda ai profumi del piatto.
■ Baccalà in casseruola
Nettare di confine 2007 / Madonna delle Macchie (Lazio)
A Napoli è tipico piatto quaresimale, e vuole il mussillo, ovvero il dorso carnoso e compatto, da infarinare e far dorare in olio ben caldo. Si prepara intanto una salsa con pomodoro aglio, olive, capperi e peperoncino in cui insaporire a fuoco lento il baccalà. Aleatico sui generis, prodotto da Leonardo Belcapo nell’azienda di famiglia a Castiglione in Teverina: secco con garbo, ha tannini gentili e setosi, e replica al palato il paniere di rose, piccoli frutti e vegetale di macchia già avvertito al naso.
■ Baccalà al forno
Numero Sei 2006 / Sassotondo (Toscana)
Tra le molte varianti, proponiamo la ricetta lucana “con la mollica”. Al pane raffermo sbriciolato mescolare olive, capperi e pomodori secchi tagliuzzati con timo e origano di montagna, cospargendone il baccalà in teglia. Il tutto deve cuocere in forno ben caldo per mezz’ora circa, scoperchiando solo gli ultimi cinque minuti, in modo che il baccalà non secchi e si mantenga morbido.
Bianco maremmano da taglio paritario di Greco e Sauvignon, di evidente concentrazione già alla visiva. Intenso, agrumato, speziato, è impreziosito da note minerali e soffio balsamico; in bocca è solidamente strutturato, fresco e sapido, in grado di “tenere”il piatto senza cedimenti.
■ Baccalà alla pesarese
Trabaria 2006 /. La Montata (Marche)
È recente il gemellaggio tra Accademia dello stoccafisso all’anconetana e Confraternita del baccalà di Cartoceto, attive anche insieme con una serie di manifestazioni incentrate sul gustoso “pesce di campagna”. Secondo la ricetta classica, si adagiano i tranci di baccalà in teglia, su letto di patate e alloro, ricoprendo con pangrattato, aglio, prezzemolo, olio e pomodori pendolini per poi infornare il tutto, irrorando con l’extravergine di Cartoceto. Rosso del Montefeltro a base Sangiovese, ammorbidito da giudizioso passaggio in rovere, caldo e vitale, con tocco rustico che non dispiace.
■ Carpaccio di baccalà
Spumante Rosé Blink / Colli di Serrapetrona (Marche)
Il baccalà va tagliato a fettine sottili in una terrina, lasciandolo marinare un paio d’ore in succo di limone con qualche spicchio d’aglio schiacciato e pezzetti di buccia dello stesso limone (meglio se sfusato di Amalfi). Scolare, eliminare l’aglio, asciugare e condire con una citronnette, disponendo su letto di valerianella o insalatina da taglio freschissima. Effetto tricolore guarnendo con chicchi di melograno o ravanelli. È charme irresistibile con un fresco rosé extra dry da Vernaccia Nera, profumato di rosa canina e piccoli frutti rossi.
■ Insalata di stoccafisso
Vindemiatrix Brut Rosé / Polvanera (Puglia)
Nella tradizione ligure, “l’insalatta” vuole verdure miste a foglia, in Calabria sono di rigore le patate. Lo stoccafisso già lessato si aggiunge a pezzettoni. Da Gioia del Colle, intrigante metodo classico rosato prodotto coi racemi di vecchie vigne di Primitivo ad alberello, elaborato nelle fresche cantine scavate nel calcare.
■ Baccalà con fagioli
Lambrusco Il Groppone d’Orlando 2005 / Tenuta Sant’Andrea Camillo Donati (Emilia Romagna)
Piatto della memoria contadina umbro-toscana, legato al venerdì e alle vigilie, insaporito da extravergine e cipollotti a crudo. Tendenza dolce e relativa succulenza-untuosità esigono un rosso fresco e brioso, fragrante di piccoli frutti selvatici, poco caldo e poco tannico. Il Groppone è il poggio vitato, Orlando è il nonno di Camillo, artigiano parmense del biodinamico il cui motto è “Io non faccio il vino, vivo il vino”.
■ Zuppa di baccalà
Valle d’Aosta Petite Arvine 2006 / Chateau Feuillet (Valle d’Aosta)
Anche qui innumerevoli varianti, dalla zuppa privernese con ceci e “ngiaccheteglie” (broccoli locali) alla “cipuddata” aviglianese-lucana con ugual peso di porri e baccalà. La versione ligure vuole lo stoccafisso norvegese e si prepara con dadolata di verdure, prezzemolo, basilico e pinoli. Da produttore di nicchia, bianco valdostano profumato di fieno di montagna, ben impostato nell’equilibrio alcol- freschezza, prolungato da scia agrumata e lievemente minerale.
■ Tiella di baccalà con patate
Cesanese di Affile Colle Fraggiano 2005 / Raimondo (Lazio)
Da Gaeta a Formia, la tiella sposa pesce di ogni tipo e verdure dell’entroterra. Patate e baccalà vanno a strati, cosparsi di cipolle, pomodorini, pecorino e trito aromatico, infornando per mezz’ora circa. Sorvegliare la cottura, bagnando se del caso con vino bianco e rifinire con pecorino e pangrattato fino a doratura. Rosso vigoroso e fresco, con tannini non invadenti e lunga persistenza. Da vigne terrazzate a nord di Affile, di recente reimpiantate dalla famiglia Perez dopo anni di abbandono.
■ Baccalà mantecato
Alto Adige Pinot Bianco Sonnenberg 1997 / Castel Schwanburg (Alto Adige)
La ricetta della Dogale Confraternita prescrive la lessatura con limone e alloro e la mantecatura a mano, versando a filo l’extravergine (fruttato leggero) come per una maionese. Il composto cremoso, salvo qualche pezzettino ancora intero, va aggiustato di sale e pepe e cosparso di prezzemolo, accompagnando con polenta Marani o con la varietà bianco perla. Bianco dai ripidi pendii del Monte Sole, a sud di Merano, un’esplosione di mineralità e frutto maturo che volge al miele con lievi cenni ossidativi, peraltro compensati da formidabile, intatta acidità che ne maschera il grado alcolico.
■ Baccalà in umido
Dolcetto di Ovada 2006 / Casa Wallace (Piemonte)
Soffriggere in tegame cipolle, sedano, aglio, uvetta, cannella e qualche sarda sotto sale. Adagiare i pezzi di baccalà infarinati e lasciar dorare, sfumando con un poco di vino prima di aggiungere la polpa di pomodoro. Incoperchiare a fuoco dolce per mezz’ora, quindi aggiungere patate a cubetti e pinoli tostati, cuocendo ancora 30-40 minuti. Da azienda biodinamica, un rosso fruttato e speziato dal corpo solido, fresco e schietto, con supporto tannico ben bilanciato da alcol e morbidezza.
■ Baccalà con finocchi e arance
Gerbino Rosato di Nero d’Avola / Di Giovanna (Sicilia)
Da condire con citronnette al succo di arancia e finocchietto(Extravergine Dop Valle del Belice ), guarnendo con olive da tavola Nocellara. A Sambuca di Sicilia Gunther e Klaus Di Giovanna sono tornati alla terra avita, e con la supervisione di Riccardo Cotarella producono un rosato fragrante di oleandro, gelsi e macchia mediterranea, sapido e di bella persistenza.
■ Gratin di baccalà con spinaci
Chevalier Montrachet Clos des Chevaliers 1997 / Dom. Jean Chartron (Francia)
In una pirofila disporre a strati baccalà e spinaci lessati e irrorati di besciamella con noce moscata, rifinendo con Gruyère grattugiato. Bianco di alto lignaggio da vecchie vigne, ampio e aristocratico, con un côté salino e burroso a lungo persistente che rimanda per concordanza ai profumi del piatto.
■ Brandade de morue
Champagne Grand Cru Clos du Moulin / Cattier (Francia)
Specialità originaria di Nîmes nel Gard, presenta diverse varianti che ne facilitano la preparazione, ma l’originale vuole il mortaio e non il frullatore, e non ammette le patate, recuperando semmai come legante la pelle del pesce. Pazienza e perizia sono necessari per incorporare olio e latte fino a ottenere una crema omogenea, profumata d’aglio, timo, e altre erbe di Provenza. Duetto senza una stonatura con il Clos du Moulin, cuvée di tre annate da parcella di 2,20 ettari, metà Pinot Nero, metà Chardonnay della Montagne de Reims.
■ Rougail de morue
Bordeaux Blanc Vieilles Vignes 2001 / Château Reynon (Francia)
Il Rougail creolo, composto di pomodori a cubetti, aglio, zenzero e peperoncino, è tipico della Réunion, che nonostante l’abbondanza di pesce fresco ha adottato lo stoccafisso. La forza speziata dell’intingolo è mediata da riso bianco. Sauvignon sapido e morbido, dai profumi evoluti, mellito e minerale, sottilmente erbaceo, impeccabile nell’allungo aromatico com’è nello stile del suo creatore Denis Dubordieu.
■ Kedgeree di baccalà
Gewurztraminer Alsace Grand Cru Hengst 1998 / Domaine Zind Humbrecht (Francia)
Altra ricetta coloniale “di ritorno”. Il pesce conservato, importato in India dalle truppe scozzesi, diventa protagonista di un piatto unico assieme a riso bianco al burro, uova e un curry leggero di curcuma, il tutto spolverato di coriandolo fresco. Il bianco alsaziano non perde un colpo, cita a perfezione curry e zenzero dal suo ampio corredo aromatico, e avvolge di morbidezza le punte speziate e sapide della preparazione.
■ Arroz de bacalhau
Champagne Millesimé 1997 / André Beaufort (Francia)
Tipico del nord del Portogallo, vuole pochi e semplici ingredienti: riso, cipolla, olio, salsa di pomodoro e, naturalmente, baccalà spezzettato. Inedito e sorprendente l’abbinamento con il peculiarissimo Champagne di un piccolo produttore bio, famoso per i lunghi affinamenti e le cure omeopatiche dedicate ai suoi vigneti.
■ Pasteis de bacalhau
Naiades 2005 / Bodegas Naia (Spagna)
Proporzione aurea: due terzi baccalà ammollato, un terzo patate, più cipolla, noce moscata, uova e prezzemolo a formare polpettine ovali da friggere in olio ben caldo. Goloso abbinamento con un elegante bianco da Verdejo provvisto di ottima spina acida, con corredo olfattivo di agrume mediterraneo e di frutta nostrana ed esotica, addolcito da tocco vanigliato.
■ Bacalhau gomes de sa’
Valdeorras As Sortes 2006 / Rafael Palacios (Spagna)
Prende il nome da un commerciante di Oporto, José Luis Gomes de Sa’, appassionato gourmet. Il baccalà lessato con alloro è ricoperto di latte caldo, poi trasferito in teglia di terracotta con aglio e cipolla soffritti, e guarnito a fine cottura con prezzemolo, olive, uova sode a spicchi. Saudade assicurata con un bianco da uve Godello profumato di agrumi, susina e melone, sottilmente speziato e minerale, dal bel corpo tonico non privo di eleganza.
■ Bacalhau a la vizcaina
Pétalos del Bierzo 2006 / Descendientes de J. Palacios (Spagna)
Preparare un soffritto di cipolle, aglio e peperone rosso, aggiungere pomodoro, zafferano e prezzemolo tritato. Lasciar addensare la salsa a fuoco basso. In una pirofila, alternare a strati salsa, baccalà, patate e striscioline di peperoni, terminando con questi ultimi. Rosso giovane e seducente, da uva Mencía, ricco di profumi floreali intrecciati a balsamico, humus, grafite, equilibrato e setoso al palato.
■ Baccalà al pil pil
Rueda Limousin 2006 / Marqués de Riscal (Spagna)
Il segreto sta tutto nella manualità dell’operatore: il tegame in cui hanno soffritto aglio e peperoncino va scosso costantemente con moto circolare, in modo da emulsionare olio(aggiunto poco alla volta) e ittiocolla rilasciata dalla pelle del baccalà. Vázquez Montalbán lo fa preparare a Pepe Carvalho nel suo “Balneario” del 1986. Bianco elegante da uve Verdejo, fruttato e floreale, morbido e sapido, delicatamente boisé.
■ Baccalà in salsa verde
Getariako Txakolina Primus 2005 / Bodegas Ameztoi (Spagna)
Gaia e colorata, la cucina basca punta su condimenti essenziali e saporiti, come la salsa verde a base di aglio e prezzemolo, adattissima ai filetti di baccalà. Bianco fresco e fruttato da uve Ondarrabi Zuri e Ondarrabi Beltza, piacevolmente beverino ma tutt’altro che banale.