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IL TRICKERY

 

Una delle azioni più subdole che rientrano nel fenomeno del cyberbullismo è il trickery. In inglese la parola significa inganno, frode, tiro mancino. Il reato è riportato sul sito del Ministero della Giustizia come “Outing And Trickery” e viene definito come comportamento che consiste nel pubblicare o condividere con terze persone le informazioni confidate dalla vittima in seguito a un periodo di amicizia in cui si è instaurato un rapporto di fiducia. In parole semplici, il trickery è uno stratagemma per carpire la fiducia di una persona, venire a conoscenza di un segreto e poi divulgarlo in rete per umiliare o mettere in ridicolo la vittima. Le forme con cui viene messo in atto sono molteplici: 

 

- il bullo aggancia la vittima fingendo amicizia per poi creare contenuti che rivelano le informazioni che ha ottenuto;

 

- il futuro cyberbullo si finge eroe e corre in aiuto del malcapitato per creare un legame di gratitudine;

 

- con la complicità di un terzo, il bullo conquista la fiducia della vittima per pubblicare sul web, a sua insaputa, le informazioni carpite al solo scopo di umiliarla e prendersene gioco sui social;

 

- dopo un litigio dove non ci si rivolge più la parola, l’ex amico divulga informazioni confidenziali per vendetta.

 

Insomma, il nucleo centrale di questa tecnica risiede nella fiducia tradita al fine di diffondere senza il consenso dell’interessato delle informazioni personali che, di rado, sono solamente verbali. Nel mondo del cyberbullismo si cerca sempre di ficcare il naso nelle chat private, ottenere informazioni scritte, messaggi vocali in cui la vittima confida un segreto, fotografie riservate o intime inviate in forma confidenziale. Nel contesto malevolo, se il bullo non è soddisfatto, in un primo momento può chiedere scusa alla vittima e giustificarsi dicendo di aver condiviso per mero errore il contenuto con un click sfuggito ma poi continuare malvagiamente la sua azione cyberbulla pubblicando su un Blog o diffondendo attraverso e-mail o altre applicazioni, senza alcuna autorizzazione dell’interessato, messaggi, vocali, foto e fatti che invece dovrebbero rimanere riservate. Capita anche che il trickery si attui attraverso forme di convincimento psicologico che spingono la vittima a pubblicare personalmente fatti e contenuti imbarazzanti su sé stesso, su un compagno di classe, su un amico comune o su un docente che, con un commento costruito a proposito, assume forma denigratoria e di messa in ridicolo.  

 

Fa dell’inganno la sua bandiera anche un gioco virtuale diffusosi a partire dal 2013, il Pull a Pig, letteralmente “prendere un maiale”. Ad essere prese di mira generalmente sono le donne in sovrappeso o considerate meno attraenti. Di solito un gruppo di amici fa a gara nel riuscire ad avvicinare una ragazza con l’obiettivo di farle credere di essere interessati a lei, di volere una relazione affettiva e andarci a letto. Instaurato il finto rapporto amoroso, la ragazza viene convinta a confidarsi e a inviare foto intime fino a quando non riceve un messaggio denigratorio che la informa di essere stata vittima di un brutto scherzo. In questo gioco spietato e crudele mentre il ragazzo, raggiunto lo scopo della scommessa, si sente un eroe davanti al proprio gruppo di amici per essere riuscito a dominare l’altra persona e averle fatto fare tutto ciò che ci si era preposti di farle fare considerandola un oggetto di divertimento, la ragazza rimane vittima di un meccanismo che intacca profondamente la sua personalità, distrugge brutalmente la sua autostima e nel momento in cui si sforza di dimenticare diventa lo zimbello di tutti perché l’umiliazione corre in rete, viene moltiplicata per il numero di condivisioni, di commenti e di risatine.