È stata identificata la 'centralina' del cervello che spegne la fame. La scoperta, pubblicata su Nature dal gruppo coordinato da Richard Palmiter, dell' università di Washington a Seattle, potrebbe aiutare a mettere a punto nuove terapie per stimolare o sopprimere il senso di appetito e per curare in particolare i disturbi alimentari.
La centralina è costituita da un gruppo di cellule nervose che, quando funziona correttamente, ha il compito di frenare l'appetito dopo i pasti o quando non è sano mangiare, come durante una malattia o quando nel cibo si avverte la presenza di tossine. Questi neuroni si trovano in un'area chiamata nucleo parabrachiale del tronco encefalico, una regione che regola il gusto, l'apporto di sodio, il dolore, e già nota anche per il suo ruolo nel controllo dell'appetito. Tuttavia finora non si era riusciti a comprendere quali fossero in modo preciso le cellule e i meccanismi coinvolti.
La scoperta è stata condotta su topi geneticamente modificati in modo che i loro neuroni potessero essere attivati artificialmente colpendoli con la luce emessa da fibre ottiche impiantate nel cervello. L'attività delle cellule, invece, è stata bloccata a comando iniettando nei topi una sostanza. In questo modo si è scoperto che attivando questo gruppo di neuroni i topi non avevano più appetito; al contrario, spegnendoli, mangiavano di più. E' stata identificata anche la molecola espressa da queste cellule, il peptide correlato al gene della calcitonina (Cgrp).
''E' un lavoro interessantissimo, condotto con tecniche molto sofisticate che fornisce una conoscenza fondamentale per i disturbi del comportamento alimentare, come bulimia, anoressia e obesità'', osserva il neurofisiologo Piergiorgio Strata, dell'università di Torino. Oltre a identificare con precisione i neuroni che silenziano la fame, i ricercatori hanno infatti scoperto che queste cellule hanno terminazioni nervose che arrivano all'amigdala, una struttura del cervello con cui comunicano e ''che - spiega Strata - si attiva quando abbiamo paura o abbiamo un disagio legato alla sfera delle emozioni''.
In questo modo lo studio conferma la base neurologica dei disturbi alimentari e il loro collegamento con le emozioni e può aprire la strada a nuove cure per queste malattie. E' importante, sottolinea Strata, aver identificato anche la molecola espressa da queste cellule perché si conosce ancora più nello specifico il bersaglio che si potrebbe andare a colpire.