di Emanuela Gialli
(e.gialli@rai.it)
“La nostra lotta è iniziata nel 1904, quando i minatori di Buggerru si sono fatti ammazzare per avere condizioni di lavoro migliori e un pezzo di pane in più. E la nostra lotta sta continuando anche oggi”. Sono le parole di Sandro Mereu delegato delle Rsu Cgil di Carbosulcis, ma annuiscono, come se a pronunciarle fossero stati anche loro, i rappresentati di Cisl e Uil, Giuseppe Sanna e Massimo Esposito. C’è l’orgoglio nei loro occhi.
Domani, a Buggerru si commemora l’eccidio del 18 settembre 1904. E loro, che ora ci stanno raccontando con passione cosa faranno nei prossimi giorni per salvare il posto di lavoro, saranno lì a ricordare quei minatori uccisi in assemblea dall’esercito chiamato dai titolari della ditta che aveva la gestione della miniera. “Abbiamo ancora quelle cicatrici sopra”, dice Massimo Esposito.
Siamo fuori della mensa della miniera Carbosulcis. Dentro i lavoratori sono riuniti in assemblea. Le voci dei loro interventi si diffondono all’aperto e fanno da sottofondo alla nostra intervista.
“State decidendo sul piano integrato. Sulla stampa alcuni hanno scritto che costerà circa 250 milioni l’anno ai contribuenti”, affermiamo. “E’ falso”, dichiara Mereu. E Sanna: “Quello è il costo di ammortizzazione del progetto”. Esposito: “E’ il prelievo fiscale previsto anche quando una persona privatamente installa i pannelli solari”. “Le energie rinnovabili costano ai contribuenti italiani, 13 miliardi di euro all’anno, distribuiti tra tutti gli utenti” (è Mereu a parlare). “Il primo progetto di riconversione della nostra miniera costava 250 milioni di euro all’anno. Ma precisiamo: il fotovoltaico non ha creato tanti posti di lavoro. La centrale eolica di Portovesme impiega non più di otto persone, di cui 4 di guardia. Il nostro progetto, invece, almeno quello iniziale, non solo avrebbe garantito il lavoro per gli attuali 472 minatori, ma avrebbe portato altri 1500 lavoratori dell’indotto per la costruzione della centrale elettrica e per la cattura e stoccaggio nel sottosuolo dell’anidride carbonica”.
Però non è di questo progetto che si parla oggi, chiediamo. “No –risponde Mereu- perché a quello hanno detto no governo e Regione. Ora ce n’è un altro, nuovo, sul quale stiamo discutendo, più piccolo, con meno spese”. “Che sarebbero –spiega Sanna- sempre a carico dei contribuenti italiani”. “Parliamo –aggiunge Esposito- di 0,01 centesimi a utente. Il fotovoltaico costa invece agli italiani lo 0,08 centesimi”.
Ma i fautori della privatizzazione vorrebbero che le imprese si mantenessero a loro spese, con i loro profitti. “Tutte le miniere d’Europa sono in perdita e hanno tutte gli aiuti di Stato”, sostengono i tre delegati sindacali. Però l’Ue ha deciso che da qui al 2018 tutte le miniere di carbone che sono in perdita devono essere chiuse, compresa la nostra. Allora, siccome noi non vogliamo arrivare al 2018 senza fare niente, abbiamo deciso insieme al governo e alla Regione che questo carbone doveva essere bruciato in modo moderno, innovativo, per dare energia pulita a basso costo, a chi ne fa richiesta. Nel nostro caso alle industrie di Portovesme: Alcoa e Euroallumina. Che, guarda caso, stanno chiudendo per costi energetici”. La miniera di Nuraxi Figus dunque potrebbe fornire energia a prezzi in linea con la media europea e comunque più bassi degli attuali pagati in base alle tariffe del mercato.
Ma per fare tutto questo la miniera deve produrre carbone più pulito, che vuol dire abbattere la quantità di zolfo del carbone, mantendone la capacità calorifera, ma soprattutto signfica togliere l’anidride carbonica come chiesto dall’Unione europea. “Le centrali termoelettriche a carbone-spiegano i tre delegati sindacali- immettono nell’atmosfera l’anidride carbonica, causa dell’effetto serra. Con questo progetto, la CO2 viene immessa di nuovo in sottosuolo, da dove c’è la possibilità di ricavare anche del metano. E lo zolfo tolto potrebbe essere impiegato per altri usi, anche come concime ad esempio”.
Sono fiduciosi i minatori della Carbosulcis e tornano al lavoro. Ma restano prudenti. Hanno chiesto un incontro urgente con la Regione per definire il progetto. Nel frattempo a restare chiusa sarà la discarica dell’Enel: “Noi siamo custodi della sue ceneri, che inquinano. Per questo per il momento la teniamo chiusa”.