Venezia 69


Stampa

Il mistico Malick, la tenera Bier

‘To the wonder’ e ‘Love is all you need’

di Sandro Calice
(s.calice@rai.it)

Film importanti quelli di domenica 2 settembre. C’è soprattutto Terrence Malick, in concorso con “To the wonder”, mentre l’altro film in competizione arriva da Israele ed è “Fill the void”, opera prima di Rama Burshtein che racconta la storia di Shira, figlia di una famiglia cassidica ortodossa di Tel Aviv, e delle scelte che dovrà compiere quando la sorella maggiore morirà dando alla luce il suo primo figlio. Fuori concorso, invece, c’è “Love is all you need” di Susanne Bier e Daniele Vicari con “La nave dolce”, documentario sullo storico e drammatico sbarco di ventimila albanesi nel porto di Bari l’8 agosto del 1991. Gianni Amelio ha ricevuto il Premio Pietro Bianchi dal Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici.

Lunedì 3 è la giornata di Takeshi Kitano con il gangster movie “Outrage beyond” e di Olivier Assayas con “Après mai” sulla Parigi post ’68, entrambi in competizione. Fuori concorso “Disconnect” di Alex Rubin, sugli abusi della tecnologia, mentre nelle Giornate degli autori Stefano Mordini presenta “Acciaio”, tratto dal romanzo omonimo di Silvia Avallone, con Michele Riondino e Vittoria Puccini.

TO THE WONDER
di Terrence Malick, Usa 2012 (Rai Cinema)
con Ben Affleck, Olga Kurylenko, Rachel McAdams, Javier Bardem.

Malick si piace, si cita, e si ripete. E dopo averci raccontato e illustrato il senso della Vita in “The tree of life”, mette in scena un’opera simile ma “limitando” l’esplorazione all’Amore. Rimediando anche qualche fischio.

Vediamo la prima volta Marina (Kurylenko) e Neil (Affleck) a Parigi, a Mont Saint-Michel (conosciuta come “la Meraviglia). Si conoscono, si amano e proprio quando il loro amore sembra invincibile lei accetta di seguirlo a Baskerville in Oklahoma, portando con sé la figlia di 10 anni. Lui è un uomo per bene, anche se “spaventato dai sentimenti forti”. Lei assorbe male il passaggio dalla intellettuale Parigi alla grossa, grassa, grezza provincia americana. La bambina anche si sente sola. L’amore vacilla, si incrina, lei riparte, lui riallaccia i rapporti con un amore d’infanzia, ma lei torna, chissà però se stavolta è pronta. Sullo sfondo, un prete (Bardem) che sta perdendo la fede proprio mentre tutto attorno c’è più bisogno di lui.

Il film, anche se meno criptico e metaforico di “The tree of life”, ha la stessa struttura e “logica” mistica e narrativa, che è pura trasposizione in immagini di poesia, concetti e sensazioni più che un racconto nel senso classico. Con una costante voce fuori campo e sottolineate dalla musica, si susseguono immagini e paesaggi (sontuosa la fotografia), con i personaggi che si muovono, camminano, si abbracciano, lottano, quasi sempre senza dialogare, tutto finalizzato (?) ad avvilupparci in una riflessione sulla mutevolezza dei sentimenti, sulla debolezza delle intenzioni, sulla fallibilità dei progetti, sulla meraviglia incosciente, sulla perdita, di amore, di fede, di coraggio, di fiducia. Dopo averci sorpreso e deliziato con “The tree of life”, però, qui si ha la sensazione di essere all’esercizio di stile, e si fatica ad arrivare alla fine.



LOVE IS ALL YOU NEED
di Susanne Bier. Danimarca, Svezia 2012 (Teodora Film)
con Pierce Brosnan, Trine Dyrholm, Sebastian Jessen, Molly Blixt Engelind, Paprika Steen, Kim Bodnia, Micky Skeel Hansen, Ciro Petrone.

Susanne Bier, autrice di “In un mondo migliore”, Oscar 2011 come miglior film straniero, e del commovente “Things we lost in the fire” (orribilmente tradotto con “Noi due sconosciuti), si conferma una meravigliosa narratrice di sentimenti. Questa volta lo fa con una commedia, ma non illudetevi: i lacrimoni arriveranno lo stesso.

Patrick e Astrid si sono conosciuti da tre mesi e decidono di sposarsi. Lo vogliono fare nella villa di Sorrento del padre di Patrick, Philip, un industriale inglese della frutta che vive in Danimarca, vedovo e col gelo nel cuore. La famiglia di Astrid, invece, è composta dal fratello militare, dal padre Leif, che ha una storia con la contabile del suo ufficio, e soprattutto dalla madre Ida, parrucchiera reduce da chemioterapia per un tumore al seno, ma la più vitale di tutti. Questa composita combriccola, più una serie di altri variopinti personaggi, si trasferirà in Italia per un matrimonio che non ha nessuna intenzione di andare come deve andare.

“Love is all you need” è una bella commedia colorata, dove l’amore assume quasi tutte le sue mutevoli sfaccettature, dove il dramma è sempre incombente ma mai pesante, anzi, dà sempre l’impressione di essere un sano momento di cambiamento. Dove, a partire dalla colonna sonora a base di “That’s Amore” e Ricchi e Poveri, la Bier utilizza ironicamente gli stereotipi sull’Italia e sulle commedie degli equivoci in generale. Un film, per dirla con la regista, “sulle persone vulnerabili, sugli aspetti della vita che preferiremmo cancellare ma che, se rappresentati con umorismo, possono sollevarci il morale”. Trine Dyrholm e Pierce Brosnan sono i mattatori della storia, e l’ex agente 007 lo è stato anche della conferenza stampa di presentazione del film, raccontando di essersi profondamente calato nel ruolo per aver perso nella vita reale la moglie per un tumore. “Erano tutti innamorati di lui sul set – ha detto la regista – le donne ma anche gli uomini”. Sul film, infine: “Nove film su dieci in Danimarca parlano della famiglia e questo non sfugge, ma non credo che ci sia una prospettiva o un linguaggio femminile da cui partire, non credo sia vero che queste storie non interessano gli uomini'”.