di Sandro Calice
(s.calice@rai.it)
“E’ stato solo un caso”, dice il direttore di Venezia 69 Alberto Barbera parlando della forte presenza di registe in questa edizione della Mostra del Cinema: “Non mi piace l'idea delle quote rosa o delle riserve indiane – ha spiegato durante la presentazione delle giurie del festival - credo che questo sia un segno dei tempi. Le donne finalmente hanno un ruolo sempre più importante e anche il cinema, che era un ambiente maschilista, ha scoperto la creatività al femminile”. Caso o meno, l’apertura della Mostra è affidata alla regista indiana Mira Nair, esordio folgorante nel 1988 con “Salaam Bombay!” (nomination agli Oscar e Caméra d’Or al Festival di Cannes) e Leone d’Oro a Venezia nel 2001 per “Monsoon wedding”, che presenta Fuori Concorso il suo “The reluctant fundamentalist”.
Gli altri film della serata sono il documentario del regista premio Oscar Jonathan Demme (“Il silenzio degli innocenti”) sulla vita musicale di Enzo Avitabile e il documentario “Medici con l’Africa” di Carlo Mazzacurati.
Oggi è il giorno dei tradimenti, dei talent show e dei serial killer. In concorso ci sono “Izmena” del russo Kirill Serebrennikov, storia di due coppie e dei tradimenti incrociati, e “Superstar” di Xavier Giannoli, sul perfetto sconosciuto che diventa famoso. Nella sezione Orizzonti, in competizione “Gli equilibristi” di Ivano De Matteo, dove una moglie scopre il tradimento del marito e gli cambia la vita. Fuori concorso “The iceman” di Ariel Vromen, ispirato alla storia vera di Richard Kuklinski, marito e padre amorevole, ma anche spietato killer che tra il 1954 e il 1985 pare abbia ucciso più di 250 persone. Grande attesa, infine, nelle Giornate degli autori, per il “Pinocchio” di Enzo D’Alò. THE RELUCTANT FUNDAMENTALIST
di Mira Nair, India, Pakistan, Usa 2012 (K5 International) con Riz Ahmed, Kate Hudson, Kiefer Sutherland, Liev Schreiber, Martin Donovan.
I fondamentalismi non stanno sempre dall’altra parte, ma è quasi sempre impossibile che i preconcetti non offuschino il giudizio. A Lahore, in Pakistan, un docente universitario viene rapito da estremisti islamici che minacciano di ucciderlo se non vengono liberati alcuni prigionieri. Il giornalista americano Bobby Lincoln (Liev Schreiber) chiede un’intervista al giovane professore pakistano Changez Khan (Riz Ahmed), leader ascoltato della protesta studentesca che sta montando. Khan accetta, a una condizione: Lincoln deve ascoltare tutta la sua storia. Ed è la storia del brillante rampollo di una famiglia nobile ma non ricca, che a 18 anni si trasferisce negli Stati Uniti, si laurea a Princeton e nel giro di poco diventa un analista finanziario di successo a Wall Street, uno che freddamente, matematicamente, deve decidere del destino di centinaia di operai da licenziare nelle aziende in crisi. Changez trova anche l’amore, ma il suo sogno si ferma lì. L’11 settembre 2001 cambia il mondo, cambia la percezione che la gente ha di lui, cambia la sua anima. L’11 settembre lo porta a quel tavolo con Lincoln, due uomini che forse non sono quello che sembrano e che hanno pochissimo tempo prima che succeda l’irreparabile per decidere se fidarsi uno dell’altro.
Tratto dal romanzo omonimo di Mohsin Hamid, “The reluctant fundamentalist”, nelle intenzioni della regista indiana, è un ponte, un “messaggio di speranza, di dialogo e di guarigione” tra culture e mondi diversi. Non è importante capire quale “fondamentalismo” tra quello religioso e quello economico, abbia fatto più vittime e danni, quanto predisporsi all’ascolto, ragionare senza pregiudizio, porsi sempre il dubbio, non fermarsi alle apparenze. Il racconto si dipana come un thriller, con una serie di flashback che portano gradualmente fino a quel tavolo dove i protagonisti giocano la loro partita a scacchi sorseggiando un the. Alla bravura degli attori fa da contraltare l’eccessiva lunghezza del film e alcuni momenti che sacrificano eccessivamente la tensione al dramma. ENZO AVITABILE MUSIC LIFE
di Jonathan Demme, Italia, Usa 2012 (Rai Cinema) documentario con Enzo Avitabile, Eliades Ochoa, Luigi Lai, Trilok Gurtu, Gerardo Nunez, Daby Tourè, Amal Murkus.
Se non lo conoscete, vale la pena di ascoltarlo almeno una volta Enzo Avitabile, uno dei migliori artisti di world music in circolazione. A Jonathan Demme capitò di ascoltarlo alla radio mentre era in macchina sul George Washington Bridge a New York cinque anni fa, e lì decise che doveva conoscerlo. L’incontro avvenne a Napoli, Demme – non nuovo a documentari musicali dopo “Stop Making Sense” sui Talking Heads e “Hearts of gold” con Neil Young – confermò le sue sensazioni e decise di fare questo “ritratto musicale filmato”.
In “Music Life” Demme segue Avitabile nella sua Napoli, filmando le jam session con grandi musicisti da tutto il mondo e squarci di vita dell’artista. Le parti musicali, va detto, sono la cosa migliore e valgono da sole il prezzo del biglietto, mentre il resto sembra un po’ “amatoriale”, quasi come se il regista non avesse voluto (o saputo?) invadere il campo, indagare i luoghi e i personaggi. Vediamo Avitabile che torna nei luoghi della sua infanzia, quando da ragazzino si esercitava col sax per otto ore al giorno chiuso in uno scantinato. Una scena che per l’artista rappresenta anche “il messaggio della mia musica: sotto il cemento sono nascoste antiche verità, i ragazzi cresciuti in quelle zone non devono pensare di essere senza indentità”. Ma i momenti più intensi sono quelli in cui Avitabile si siede in cerchio nelle sale del Salone Margherita attorniato da musicisti italiani, cubani, indiani, spagnoli, pakistani, palestinesi, armeni. Incontri di culture e suoni da cui il musicista sembra quasi “ossessionato”, con la sua collezione di strumenti e lo studio del ritmo, a partire da quello primigenio dei piedi. Una musica sempre dedicata agli ultimi del mondo, che è cantilena, blues, gospel, jazz, rap. Perché, come chiosa Demme, “artisti come Avitabile non pensano in termini di separazioni e stati, la bellezza delle collaborazioni in tutto il mondo sta in questo. La sua musica è una protesta contro i confini, una guida per unire le persone”.