Pianeta Giustizia


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'Un'inutile duplicazione dei processi'

Parla Mauro Vaglio, presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Roma m

Il sistema Giustizia in Italia ormai da decenni è al collasso. Il nostro paese è pluricondannato, anche recentemente, dalla Corte europea per inadempienze strutturali e per l’irragionevole durata dei processi, sia civili sia penali. A cosa si deve questa situazione?
Il problema della lentezza dei processi assilla il sistema Giustizia da decenni e purtroppo, anziché ridursi, si va aggravando di giorno in giorno. Tra le principali cause di questa situazione vi sono le carenze ormai strutturali delle risorse fornite dal Ministero della Giustizia agli uffici giudiziari, la mancanza del personale di cancelleria e l'insufficienza del numero di magistrati. Si pensi che l’Ordine di Roma è costretto a dislocare proprio personale in ausilio presso alcuni uffici giudiziari, che altrimenti non funzionerebbero. Attualmente sono circa venti i dipendenti del Consiglio dell’Ordine, assunti a spese dei nostri iscritti e senza alcuna sovvenzione pubblica, che svolgono attività di supporto presso il Tribunale civile ed il Giudice di Pace. Forse alcuni ricorderanno, grazie ai numerosi servizi giornalistici, le lunghissime file davanti agli uffici del Giudice di Pace Civile per la richiesta di copie delle sentenze. Veri e propri gironi infernali che iniziavano alle 4 di mattina e che rendevano l’ottenimento di una semplice copia documentale una sfiancante esperienza. Ebbene, il nostro Consiglio dell'Ordine finanziò l’acquisto di un sistema di acquisizione documentale mediante scanner, un software ed altre attrezzature informatiche per il rilascio delle copie. Questo sistema permise di ridurre al minimo il fenomeno delle file. In quel caso furono spese decine di migliaia di euro per poi concedere in comodato d'uso gratuito all'Ufficio sia il software che l'hardware.

Se ne può uscire? Quali sono le proposte che l’ordine forense ha avanzato per una riforma della giustizia che vada incontro alle legittime esigenze dei cittadini?
In primo luogo è necessario che vengano investite sempre maggiori risorse nello sviluppo del processo civile telematico e di tutte le procedure automatizzate. Tuttavia, non si può prescindere da un intervento del Ministero nell'integrazione del personale: da decenni i cancellieri e gli impiegati degli uffici giudiziari che vanno in pensione non vengono sostituiti e l'organico ci risulta essere sottodimensionato almeno per il 30%. Ciò rallenta tutti gli adempimenti e non consente di avere un processo snello e veloce. Inoltre è necessario che anche l'organico della magistratura venga integrato, senza tenere conto del grande supporto che l'Avvocatura già fornisce in questo settore attraverso la magistratura onoraria che ormai da decenni supplisce, nelle funzioni, all'insufficiente numero di magistrati togati. Tanto per andare sul pratico, nelle udienze dei processi penali innanzi al Tribunale in composizione monocratica, la funzione del pubblico ministero d'udienza è svolta, quasi nella totalità, da vice procuratori onorari. Oltre all'incremento del numero dei magistrati ordinari, riteniamo importante una regolarizzazione amministrativa e previdenziale di quelli onorari, attraverso un riconoscimento di organicità alla magistratura. In questo modo si reperirebbero forze professionali che permetterebbero di attenuare le carenze del sistema Giustizia.

Il problema della eccessiva durata del processo non è anche imputabile alle strategie difensive che nel penale, pur nel rispetto delle prerogative del diritto alla difesa, mirano a rinviare il più possibile e prolungare il processo per garantire al proprio cliente la prescrizione?
Personalmente sono del parere che, nei limiti imposti dalla stretta applicazione della legge e dalla deontologia, gli strumenti a tutela del diritto di difesa debbano essere tutti utilizzabili per garantire, al proprio assistito, un equo processo. Certo, il fenomeno della prescrizione nel processo penale sarebbe di molto attenuato se le indagini si concludessero nei termini prescritti dal codice, se la prima udienza non venisse fissata dopo svariati anni ed i rinvii non fossero a sei/otto mesi. Mi fa piacere, però, che si cominci a comprendere che nei processi civili l'avvocato non ha alcun interesse che il processo duri a lungo, anzi, se proprio si vuol parlare di aspetti economici, prima il processo si conclude e prima l'avvocato ottiene il compenso dell’attività professionale svolta. A questo riguardo la proposta dell'Avvocatura per risolvere la lunghezza dei processi è quella di imporre anche ai magistrati termini processuali perentori analoghi a quelli che oggi sono previsti per le parti.

Dopo la riforma che ha visto l’introduzione del giudice monocratico i giudici di primo grado hanno aumentato la produttività ma ciò ha comportato un maggior carico di procedimenti che giungono nelle Corti d’Appello, il cui organico però è rimasto sostanzialmente invariato negli anni. Ciò comporta un rallentamento del procedimento la cui udienza può anche essere fissata dopo tre anni nel civile. A ciò si aggiunga il tempo per esaminare i documenti e tutti gli adempimenti prima di arrivare ad una sentenza. Quali proposte per snellire i processi in corso e smaltire l’arretrato?
Il paradosso è che una buona parte dei processi – se non la maggiore ormai - che ingolfano le Corti d'Appello riguarda proprio la richiesta di condanna al risarcimento dei danni per l'irragionevole durata dei processi (cd. legge Pinto). La proposta dell'Avvocatura è di poter utilizzare anche per l'appello, che resta un’irrinunciabile tutela giurisdizionale, alcuni strumenti processuali che velocizzano il procedimento, come ad esempio l'applicazione dell'art. 281 sexies c.p.c., che prevede la discussione orale della causa con la contestuale lettura in udienza del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione.

Il contributo unificato è raddoppiato e si rischia di rendere la giustizia accessibile solo ai più abbienti. Il tetto di 10mila euro lordi sotto il quale si può ottenere il gratuito patrocinio non le sembra un po’ troppo basso e auspicabilmente da rivedere?
Questo è veramente un argomento delicato. Il contributo unificato costituisce un'entrata eccezionale per le casse dello Stato, che dovrebbe essere interamente impiegata per il buon funzionamento della Giustizia. Purtroppo l’attuale sistema di pagamento non consente un controllo del reale afflusso di denaro ed è molto probabile che solo una minima parte di esso sia utilizzato in questa direzione. Ci auguriamo che presto entri in funzione il pagamento per via telematica, col quale si potrà controllare che queste risorse vengano realmente indirizzate a risolvere le carenze di personale e di struttura. In ogni caso, gli aumenti degli ultimi anni non sono giustificati né giustificabili e ciò è avvenuto evidentemente a discapito dei cittadini meno facoltosi che rischiano di vedersi totalmente precluso l'accesso alla tutela giurisdizionale. Faccio solo una considerazione: se l'aumento del limite di ammissione al patrocinio a spese dello Stato fosse avvenuto proporzionalmente a quello del contributo unificato, probabilmente oggi più della metà della popolazione lavorativa italiana potrebbe usufruirne. A parte queste amare considerazioni, il limite di reddito per l'ammissione al gratuito patrocinio riguarda prettamente la politica sociale, ovvero un campo di attività che non rientra tra quelli dell’Avvocatura.

Il decreto legislativo 28/2010 sulla mediazione come strumento di risoluzione alternativa delle controversie civili e commerciali ha funzionato? Cosa propone?
Le modalità di introduzione della mediazione sono state un gravissimo errore del precedente Governo. L'imporre obbligatoriamente un istituto così costoso per il cittadino e con esiti minimali non ha permesso di sviluppare in modo corretto quella necessaria "cultura" della mediazione, che nel nostro Paese non è ancora stata assimilata. I risultati pubblicati dal Ministero per l'anno 2011 confermano in pieno queste osservazioni: in tutta Italia sono stati incardinati 60.810 procedimenti di mediazione, soltanto in 21.891 le parti sono tutte comparse, i verbali positivi di conciliazione sono stati in tutto 11.383. Per avere un termine di confronto, basti pensare che solo a Roma in Tribunale vengono iscritte quasi 100.000 cause l'anno, senza contare, peraltro, quelle di minor valore innanzi al Giudice di Pace, che superano annualmente le 120.000. Il fatto è che nel nostro Paese il debitore, conoscendo le lungaggini processuali, cerca di pagare il più tardi possibile e a volte di non pagare affatto. A nostro parere dovrebbero essere facilitate le modalità di recupero dei crediti, ma la politica legislativa non è mai andata in questo senso (si pensi ad esempio alla depenalizzazione dell'emissione degli assegni a vuoto). Poi è d'obbligo un’ulteriore riflessione: l'attuale governo ha costituito un tavolo di confronto per la riforma del processo esecutivo ed ha invitato Confindustria, i notai e tutta una serie di altre categorie, ma ha escluso i magistrati e gli avvocati, che sono gli unici che operano sul campo e che possono toccare tutti i giorni con mano la realtà concreta. Questo dimostra come manchi del tutto l'intenzione (o forse la capacità) di risolvere realmente i problemi della Giustizia.

E’ favorevole alla revisione delle circoscrizioni giudiziarie?
In linea di principio potrebbero esserci dei casi in cui la realtà sociale e territoriale può suggerire l'opportunità di chiudere qualche ufficio giudiziario. Tuttavia, come detto precedentemente per il tavolo della Giustizia, non è accettabile che il Governo proceda a colpi di decreti senza consultare seriamente chi ha l'esperienza concreta delle diverse realtà. L'Avvocatura è stata totalmente esclusa dalla formazione delle decisioni in tema di revisione delle circoscrizioni giudiziarie e non ha potuto fornire il proprio contributo e le proprie conoscenze sulle differenti situazioni presenti negli uffici giudiziari territoriali. Si pensi ad esempio, che se fosse decisa la chiusura del Tribunale e Giudice di Pace di Ostia, decine di migliaia di cause verrebbero a ricadere sul Tribunale e sul Giudice di Pace di Roma, che già oggi è ingolfato dai procedimenti pendenti e le cui strutture non sono sufficienti a sostenere le attuali esigenze. E' un modo miope e controproducente di affrontare i problemi.

Il presidente della Cassazione Ernesto Lupo, ma anche il presidente della Corte dei Conti, Gianpaolino hanno criticato l’esorbitante numero di avvocati in Italia: oltre 200mila. Ma non crede che questa proliferazione di avvocati che non ha eguali nel mondo, si rifletta negativamente anche nella qualità del contenzioso civile, spesso di valore nettamente inferiore alle spese legali?
Anche su questo punto sarebbe opportuno che le diverse Istituzioni del nostro Paese si mettessero d'accordo tra loro. Infatti da una parte si afferma quanto Lei riferisce e, dall'altra, si propugna la "liberalizzazione" dell'accesso alle professioni per eliminare qualsiasi barriera alla concorrenza. Se oggi gli Avvocati in Italia sono circa 240.000, come si fa a chiedere una maggiore liberalizzazione dell'accesso? La verità è che si tratta di cavalcare argomenti assolutamente demagogici, ma che hanno una forte presa mediatica. Invece, la realtà è ben diversa: dagli anni '90 l'Avvocatura è diventata l'ammortizzatore sociale per le migliaia di laureati in legge che non potevano accedere al lavoro dipendente perché i concorsi pubblici non venivano più banditi e le banche, assicurazioni e grandi imprese non assumevano più lavoratori di concetto. Oggi noi abbiamo ereditato questa situazione drammatica, ma proprio per questo non possiamo accettare che qualcuno ci accusi di essere una casta o una lobby. Gli ultimi dati forniti alla chiusura dell'anno 2011, con riferimento al 2010, sono veramente allarmanti: il 55% degli Avvocati ha un reddito inferiore a 16.000 euro annui. Siamo una categoria sull'orlo della povertà, ci avviciniamo pericolosamente al limite reddituale di ammissione al gratuito patrocinio.

Responsabilità civile dei magistrati. Ha scatenato bollenti e aspre polemiche tra giudici e politici. Quali proposte. E’ d’accordo con l’emendamento Pini approvato alla Camera recentemente?
Proprio su questo argomento il Consiglio dell'Ordine è stato udito in Commissione Giustizia del Senato, evento straordinario poiché non mi risulta che su argomenti così specifici gli Ordini territoriali siano mai stati coinvolti in modo istituzionale, essendo le audizioni riservate ad organismi rappresentativi a livello nazionale. La nostra posizione è quella di guardare con favore ad una modernizzazione della normativa in tema di responsabilità dei magistrati e ad una maggiore tutela del cittadino che ha subito un grave torto da provvedimenti giudiziali sbagliati. Mi riferisco, ad esempio, all'eliminazione dell'attuale filtro di ammissibilità dell'azione: oggi prima di agire giudizialmente per la riparazione di un errore giudiziario, è necessario affrontare tre gradi di giudizio affinché venga accertato con sentenza passata in giudicato che non sussistono elementi preclusivi all'azione. Riteniamo che, come in tutti i processi civili, debba essere il medesimo giudice che accerta l'esistenza della responsabilità a valutare se anche l'azione sia ammissibile o meno, altrimenti continueremmo con l'inutile duplicazione dei processi. Ci sono punti dell'emendamento Pini che non ci trovano del tutto concordi: ad esempio, parlando di "manifesta violazione del diritto", si lascia un campo troppo ampio alla discrezionalità del giudicante nel valutare se un'interpretazione della norma sia sta effettuata in modo corretto o meno.

Per dare risposte concrete alla lentezza della giustizia lei ha parlato del Processo civile telematico. Come procede?
Si, in effetti è un progetto che sta procedendo bene. Consiglio dell’Ordine sta cercando di compensare le carenze strutturali degli uffici giudiziari. Abbiamo messo a disposizione delle cancellerie degli uffici del Tribunale gratuitamente le smart card in uso dal nostro partner tecnico per applicare il processo civile telematico ad un settore delle esecuzioni immobiliari. Ma stiamo lavorando in tandem con magistrati e cancellerie del Giudice del lavoro per la materia previdenziale nella quale intervengono anche gli avvocati dell’Inps e dell’Inail. La collaborazione mira a far sì che questo strumento innovativo funzioni per snellire le procedure e smaltire la mole di lavoro eccessiva per gli uffici giudiziari. (FdJ)