Si conclude il Forum mondiale


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L’acqua, un diritto umano inalienabile

Governi e società civile a confronto a Marsiglia a

di Rodolfo Fellini
r.fellini@rai.it 
 
L’accesso all’acqua potabile è un diritto umano inalienabile, e come tale va assolutamente tutelato. Questo sosteneva, due anni fa, la Dichiarazione dell’Assemblea generale Onu. Due settimane fa, le stesse Nazioni Unite salutavano il raggiungimento, con tre anni di anticipo, dell’Obiettivo del Millennio riguardante le fonti d’acqua potabile: oggi, la percentuale delle persone che non vi hanno accesso è dimezzata rispetto al 1990. Ma la strada è ancora lunga, in un pianeta alle prese con una crescita demografica inarrestabile e con cambiamenti climatici che sono una realtà tangibile, ma quasi sempre sottovalutata dai governi. Per valutare i progressi compiuti e affrontare al meglio le sfide future, il Forum mondiale sull’Acqua ha messo a confronto operatori e delegazioni governative di 180 Paesi, convenuti per una settimana a Marsiglia. Tra positive prese d’atto e dolenti note, la Conferenza ha individuato 12 priorità, che spaziano dai temi della sanità a quelli della gestione delle strutture, e ha sottolineato come il buon governo sia una conditio sine qua non per la riuscita di qualsiasi programma di sviluppo e salvaguardia della risorsa acqua.

“In gran parte dell’Asia, e soprattutto in India e Cina, sono stati raggiunti notevoli risultati, in virtù di un forte impegno dei governi, che hanno stanziato fondi pubblici per migliorare la situazione della disponibilità di acqua”, spiega Paola Magni, responsabile italiana dei programmi dell’Amref, la maggiore organizzazione sanitaria privata, senza fini di lucro, presente in Africa Orientale. “Al contrario, in Africa molti miglioramenti sono frutto degli aiuti e dei programmi delle organizzazioni e dei Paesi donatori, anche se i risultati migliori si sono avuti quando i governi si sono impegnati in prima persona. L’Obiettivo del Millennio è stato raggiunto, ma la sua distribuzione geografica non è equa”.

“Nel 2050 saremo 9 miliardi di abitanti, di conseguenza l’agricoltura dovrà incrementare la sua attuale capacità produttiva. Noi lavoriamo con le comunità nelle zone rurali inaccessibili, per essere là dove gli altri non arrivano. I piccoli agricoltori africani producono il cibo per il 70% della popolazione, quindi hanno un ruolo chiave. Il Forum di Marsiglia ha richiamato a sostenere queste realtà. Noi abbiniamo sempre l’elemento idrico all’aspetto sanitario e a quello della sicurezza alimentare. L’acqua è un elemento fondante per la nascita di piccoli orti e vivai, che danno da mangiare alla comunità che li gestisce ma diventano anche una piccola fonte di reddito, innescando così un ciclo vitale molto potente. L’avvio del progetto forse è la parte più semplice del nostro lavoro, mentre ciò che più conta è la gestione del pozzo, vero e proprio fulcro della sostenibilità. Noi restiamo sul posto per affrontare i problemi della manutenzione, ma soprattutto concentriamo i nostri sforzi sulla formazione del comitato di gestione, in cui le donne hanno sempre un ruolo di primissimo piano”.

“Al Forum – nota Paola Magni – partecipano delegazioni governative, ma anche molte aziende che si occupano di sfruttamento e distribuzione dell’acqua. Tutti condividono in modo unanime il concetto di acqua come bene pubblico, ma anche e soprattutto come diritto umano. A Marsiglia, poi, per la prima volta le organizzazioni non governative sono state incluse come attori centrali della cooperazione internazionale”.

Il Forum di Marsiglia ha portato diversi risultati. Un programma da 80 milioni di dollari, cui partecipano Italia, Francia, Svizzera, Congo, Niger, Ciad e Costa d’Avorio, punterà a ottimizzare l’uso e la distribuzione dell’acqua in ambito rurale. L’Oman ha annunciato l’intenzione di sfruttare l’energia solare e non più quella fossile per desalinizzare l’acqua del mare, che rappresenta l’80% delle sue risorse idriche. L’Unesco ha decretato il 2013 “Anno internazionale della cooperazione sull’acqua”, mentre sono stati illustrati diversi esempi di collaborazione lungo i confini segnati dai fiumi, auspicabili perché diventino scenari di sviluppo e non di guerre. Ma la nota più significativa viene forse dalla Dichiarazione finale, appoggiata dai Parlamenti nazionali, che per la prima volta avrà valore universale, e ribadirà il bisogno assoluto di diffondere al massimo modelli di sviluppo sostenibile, gli unici in grado di preservare l’acqua e, con essa, l’umanità. Perché se morire di fame è facile, molto più facile è morire di sete.