Scienza, oltre Sanremo


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Luce della ribalta, dal cosmo

Ecco a cosa serve il telescopio Planck immagine_planck_296

di Emanuela Gialli

Si sono spenti i riflettori sul palco dell’Ariston, ma la scia luminosa di pensieri, note, discromìe e distonìe, resterà intatta, anche quest’anno, per i prossimi dodici mesi, fino al nuovo Festival della Canzone italiana. E’ questo un meccanismo che agisce, in vari ambiti dell’esistenza umana, in analogia con la luce primordiale dell’Universo, quella originata dal Big Bang, 14 miliardi di anni fa.

Da allora è rimasta immutata, ma non nella temperatura. Con il passare del tempo, quella luce si è raffreddata. Ma le sue “caratteristiche” sono sempre le stesse. In passato, qualcuno, magari con una preparazione più filosofico-religiosa, ha parlato di “Grande respiro”, per definire la formazione dell’Universo. Ma il telescopio Planck e tutti gli altri strumenti di osservazione localizzati sulla Terra e nello Spazio, forse possono restituire di quella luce una “visione di quantità oltre che di qualità”, come spiega Reno Mandolesi, scienziato dell’Istituto nazionale di Astrofisica e dell’Agenzia Spaziale Italia.

Intanto cos’è Planck?
Planck è un telescopio a microonde, cioè a onde millimetriche, composto da due strumenti: uno è uno strumento di radio che sfrutta frequenze elevatissime, l’altro è come un insieme di termometri. Una volta raffreddati, diventano sensibilissimi alle radiazioni che vogliamo osservare.

Il telescopio Planck è stato lanciato nel maggio del 2009. Dove è arrivato?
E’ rimasto in orbita per due mesi, poi è giunto nella zona di equilibrio tra Terra, Luna e Sole e qui sta orbitando seguendo un raggio tipico di 300-400 mila chilometri.

Si muove nella Via Lattea?
Sì, noi siamo nella Via Lattea, ne siamo una parte. Stando nella Galassia, osserva tutto ciò che arriva al suo specchio primario e soprattutto raccoglie la radiazione, la invia ai suoi strumenti e noi poi la interpretiamo.

Di quale radiazione parla?
Ci arriva il segnale della nostra Galassia, che è il più forte e che è fatto di stelle e nubi molecolari vicine. Poi i segnali, mescolati, delle galassie vicine. E ancora, quelli più lontani dagli ammassi delle galassie, legate dai campi gravitazionali. Planck registra anche il segnale dalle proto-galassie, che sono gli antenati delle nostre galassie. Infine, il segnale della primissima luce, mai emessa dall’Universo. Ed è quella che noi dobbiamo studiare: la radiazione di fondo cosmico.

Però voi scienziati sapete che arriva, che c’è. Dunque, dovete riuscire a identificarla nella ridda di segnali?
Il nostro compito è quello di prendere questi dati, che arrivano mescolati, e separarli l’uno dall’altro. Come si fa con il carciofino, si mangia ogni singola foglia. prima di arrivare al cuore.

Questo segnale luminoso da dove dovrebbe arrivare? Dal punto in cui si trova e si muove Planck? E comunque, da dove rispetto alla nostra Galassia e alla Via Lattea?
Qui dobbiamo riprendere il concetto di velocità della luce. Noi ci troviamo in un braccio della Via Lattea. La stella più vicina, Alfa Centauri, è a circa 4,2 anni luce, cioè la luce di quella stella impiega 4,2 anni per arrivare a noi. La luce viaggia a una velocità finita, anche se elevatissima, ed è l’estrema velocità che conosciamo. Infatti, la Teoria della Relatività ci dice che non esiste una velocità superiore a quella della luce, di 300 mila chilometri al secondo. Iil segnale del Sole ci arriva 8 minuti dopo che è stato emesso, il che vuol dire che vediamo il Sole otto minuti fa. Le radiazioni sono segnali luminosi, quello che arriva ai nostri occhi è tutta luce. Man mano che ci si allontana e ci si approssima a stelle che stanno a centinaia di migliaia di anni luce, vediamo gli oggetti com’erano nel momento in cui la luce è stata emessa. Più lontano è il segnale che ci arriva e più indietro nel tempo andiamo. Questo è un concetto che non tutti conoscono, che dovrebbe essere spiegato alle elementari. Ma è un concetto facile: il segnale delle stelle arriva a noi con un certo ritardo dovuto al fatto che la luce viaggia a una velocità finita, dunque più è lontano un oggetto e più lo vediamo in ritardo. Per questo io dico che Planck è una macchina del tempo. Perché alla fine, l’ultimo segnale che vedrà, quando avremo separato tutte le componenti che ho indicato prima, è la primissima luce emessa dall’Universo, che viene definita “radiazione di fondo cosmico”. La luce “primordiale” ha impiegato circa 14 miliardi di anni per arrivare a noi. Cioè, mi spiego ancora meglio, è stata emessa 14 miliardi, circa, di anni fa. Quindi noi la vediamo come era 14 miliardi di anni fa, perché questo segnale non ha avuto interazioni da allora ad oggi. Si è trasferito a noi così come era allora.

La luce primordiale è rimasta la stessa per tutto questo tempo? Non è mutata?
No, si è soltanto raffreddata. Come molti lettori sapranno, l’Universo si espande. Si comporta come un gas, che quando si espande si raffredda. Al momento dell’espansione la radiazione era molto più calda. Oggi invece è più fredda. All’inizio aveva una temperatura di circa 3 mila gradi oggi è -270 gradi sotto zero, ma le sue caratteristiche si mantengono inalterate. Arriva quello che era allora.

Qual è l’estensione e quali sono i confini della nostra Galassia?
Si estende per trecentomila anni. Cioè la luce impiega trecentomila anni per andare da un bordo all’altro della nostra Galassia.

Tradotto in chilometri?
Io il conto non l’ho mai fatto perché ci sono troppi zeri. Basta moltiplicare 300 mila, il numero degli anni che la luce impiega per spostarsi nella Galassia, per 300 mila km al secondo, che è la velocità della luce, e il conto è fatto.

La luce che voi scienziati state studiando è quella emessa dopo il Big Bang?
Esattamente.

Quindi questo significa che alla periferia della nostra Galassia questa luce, questo insieme di radiazioni, tutto questo è rimasto quasi tutto intatto come ai tempi del Big Bang. E’ per questo che voi scienziati volete esaminare questa luce, per capire esattamente cosa è successo e cosa c’era al momento del Big Bang?
Sì, è esatto. Questa prima luce, che arriva non dalla periferia della Galassia ma dalla periferia dell’Universo, a differenza degli altri segnali luminosi che arrivano dalla nostra Galassia e dalle galassie vicine e lontane, pervade tutto l’Universo. Noi siamo immersi in questo bagno di luce. Se potessimo andare in un’altra Galassia, la osserveremmo certamente come la osserviamo da qua.

Dunque, ritornando a Planck, finora cosa è stato registrato?
Un insieme di segnali, che ora va filtrato, per arrivare a individuare la luce, il segnale primordiale dell’Universo. Per il momento, stiamo separando le varie componenti. L’anno scorso abbiamo diffuso un primissimo catalogo di tutte le sorgenti, con più di 15 mila oggetti catalogati, mai percepiti alle frequenze utilizzate da Planck. Questi oggetti continueranno ad essere osservati con i telescopi a terra, sia ottici che radio, con quelli dello Spazio e per il 2012 abbiamo cominciato a rendere noti altri lavori intermedi dai risultati eclatanti.

Che avete presentato al Convegno di Bologna?
Sì. Si tratta di due risultati strabilianti. Il primo riguarda la nebbia che esiste all’interno della nostra Galassia e che è dovuta agli elettroni. Che però si comporta in modo anomalo, non spiegabile con l’attuale Fisica. Quindi stiamo cercando di capire da cosa è provocato questo diverso comportamento. Potrebbe essere causato da un’esplosione di Supernovae, ad un’altissima frequenza, più alta di quella che conosciamo per l’esplosione di Supernovae. Potrebbe esserci un “buco nero” nel centro della Galassia e non ne conosciamo la fisica. Potrebbe dipendere dalla “materia oscura”, che pervade il nostro Universo per il 21-23%, che conosciamo ma non sappiamo di cosa è fatta. E come è distribuita. E questo è il primo risultato, derivante dall’osservazione fatta da Planck.

L’altro invece qual è?
L’altra scoperta è quella del monossido di carbonio molto pericoloso per gli esseri umani a terra, ma a noi astronomi rivela l’esistenza dell’idrogeno. Noi siamo fatti di molecole di idrogeno, è il nostro costituente principale, le stelle si formano dall’idrogeno. Per la prima volta è stata elaborata una mappa completa, sottolineo completa, perché era comunque già conosciuta, del monossido di carbonio che rivela l’esistenza di nubi molecolari di idrogeno che saranno formazioni di prossime stelle. La nostra Galassia è attiva, si muove, gira su sé stessa, ha stelle che nascono e stelle che muoiono, ha gas interstellari. Insomma, si tratta di tutta una serie di informazioni che finora non era nota a questo livello di accuratezza.

Lei ha detto che la luce primordiale arriva dalla periferia dell’Universo. Questo significa che avete individuato i confini dell’Universo?
No, il concetto è quello che ho esposto prima. Planck è una macchina del tempo, va indietro fino ai confini iniziali dell’Universo. Questa luce infatti è stata emessa “solo” 380 mila anni dopo il Big Bang. L’Universo ha un’età di circa 14 miliardi di anni. Quindi, sì, arriva dalla periferia, indietro nel tempo. Dallo studio di questa luce poi risaliamo alle condizioni dell’Universo così come ce lo immaginiamo, non è che sappiamo tutto. Può darsi che ci sia una nuova Fisica o altro ancora da scoprire. Vorrei vivere abbastanza perché il “quadro qualitativo” che abbiamo diventi totalmente quantitativo. Ricordiamoci che la cosmologia, la scienza che studia l’origine dell’Universo, attraverso l’esame della luce primordiale, fino a circa 100 anni fa era soltanto speculazione filosofica. Oggi è una scienza. Insieme con i fisici delle particelle, con gli “acceleratori” del Cern, io spero, e sono ottimista, che si riuscirà a quantificare la visione dell’Universo. Planck prosegue il suo viaggio, comunque. Dopo più di due anni di osservazione , il telescopio ha dovuto spegnere uno dei suoi due strumenti, quello dei termometri. Ora prosegue la sua attività con lo strumento radio.

Quanta vita gli date ancora?
Certamente per quest’anno continuerà a lavorare. Se troviamo finanziamenti, andiamo avanti. Ad oltranza. Vedrete che a gennaio del 2013 ci saranno novità importanti.