Nella lingua locale significa “terra degli uomini onesti”, ma nelle tabelle economiche e sociali degli organismi internazionali il suo nome è sinonimo di povertà e analfabetismo.
Immerso nell’ovest dell’Africa, il Burkina Faso (ex "Alto Volta") ha ottenuto l’indipendenza dalla Francia solo nel 1960. Nei decenni seguenti ha conosciuto colpi di stato e dittature militari. Fino al 1984 quando Thomas Sankara ribattezzò il Paese con il nome di Burkina Faso e adottò provvedimenti economici per uno Stato dilaniato dalla povertà.
Tre anni più tardi l’impegno sociale di Sankara fu annullato dal colpo di stato di Blais Campaorè (suo vice) che, dopo averlo fatto decapitare, aprì definitivamente il Paese all’economia di mercato e alle compagnie straniere. A questo si aggiunse la repressione delle attività politiche, sindacali, sociali. Qualche anno più tardi Campaorè, che resta oggi il “padre padrone del Burkina Faso”, ha introdotto il multipartitismo che non si è mai, però, tradotto in una reale democratizzazione del Paese.L’83% della popolazione vive in zone rurali, in villaggi di argilla. Solo due città, Ouagadougou e Bobo-Dioulasso stanno vivendo una urbanizzazione ma selvaggia. Tasso di alfabetizzazione tra i più bassi del continente, orfani abbandonati nelle strade, situazione sanitaria preocuppante fanno del Burkina Faso un’emergenza da affrontare. La sua economia è una delle più arretrate del mondo e più del 70% della popolazione vive con meno di 2 dollari al giorno.
Una delle tante emergenze del pianeta dove, anche grazie all’impegno delle Ong italiane (Focsiv, Lvia, Mlal, Mmi, Cisv e Fonsipec) la speranza non è stata abbandonata. Anzi.
N. R.